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Aurelio Amendola

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19/05/2021

Michelangelo, divino parente

Sceglierebbe Michelangelo, Aurelio Amendola, se proprio dovesse suggellare la sua eccezionale carriera di fotografo d’arte e la sua sterminata produzione, iniziata con le campagne fotografiche del 1964 dedicate al pulpito trecentesco di Giovanni Pisano, e proseguite con la ciclopica Galleria di Uomini Illustri pazientemente assemblata negli anni. Suoi i ritratti a de Chirico, Warhol, Burri, Moore, Guttuso, Parmiggiani, Pistoletto, Paladino, Nitsch, Schnabel, Lichtenstein, Kounellis. Amendola sceglierebbe il parente, l’amico, il mèntore. Il divino. E con Lui, la divinissima Aurora.

Voce fotografica della sua scultura fin dal 1993, al “divino parente” dedica incalcolabili campagne fotografiche. Per Lui, Aurelio inventa trapassi, cangianze, strisciate, addensamenti, bianchi accecanti di melodiose lucentezze, tratteggi satinanti, iperboli emotive. Mani, volti, corpi, torcimenti. Aurelio quasi lo ha addolcito; impastando, indugiando sulle pieghe del marmo nudo, ombreggiando. Dolce ossessione di una vita, Michelangelo è un paese senza confini da percorrere in ogni anfratto, liturgia della perfetta modellazione, vocazione inarrestabile. Plasticatore di atmosfere come Buonarroti dei marmi, Aurelio ricostruisce l’aria che si fa intorno; come il Maestro, segue il comandamento del levare, quasi modellando il soffio che ha dato vita alla vita. Potenza dei rilievi, drammaturgia, monumentalità, scioglimenti. Il periodare diventa spiraliforme, pieno di anse elegantissime. Fino alle più intime midolla del cuore.

Con Lui, la scultura si bacia con le nuvole. (Paola Goretti)

 

Immagine di apertura: Michelangelo Buonarroti, Aurora (da Tomba di Lorenzo de’ Medici, Sagrestia Nuova, San Lorenzo, Firenze), 1992

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