I ricercatori del Cnr hanno appena pubblicato uno studio che consentirà ai nuovi esploratori lunari di poter sfruttare le risorse disponibili sulla Luna per poter sopravvivere più a lungo in un ambiente considerato ostile all’uomo

Che l’obiettivo sia quello di ritornare a breve sulla Luna è ormai cosa nota. Le sperimentazioni vanno tutte in quella direzione. Sono ancora ben impresse nella mente le immagini che rivoluzionarono il modo di vedere lo spazio. Per secoli visto come irraggiungibile fino al 20 luglio del 1969 quando la televisione mostrò i due astronauti statunitensi, Neil Armstroing e Buzzo Aldrin, sbarcare sul suolo lunare. Oggi le agenzie spaziali di tutto il mondo, ma anche gli enti nazionali di ricerca e società private stanno lavorando per riportare l’uomo ad esplorare la Luna e anche Marte. Con questa prospettiva sta lavorando un team di ricerca italiano composto da Cnr-Ino, INAF Osservatorio Astrofisico di Arretri e Università di Cagliari che sta studiando il modo per sfruttare le risorse disponibili sulla Luna per sopravvivere in ambienti ostili alla vita umana e soprattutto viaggiare con equipaggiamenti leggeri sui veicoli spaziali. I risultati della ricerca sono già disponibili e pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Acta Astronautica e hanno dimostrato come sia possibile modificare le proprietà della polvere che ricopre la superficie lunare e ricavarne un materiale solido capace di accumulare l’energia solare. «In fondo è un’idea abbastanza semplice – ha spiegato Elisa Sani, ricercatrice al Cnr-Ino – , dato che la regolite è il primo materiale che si incontra sulla superficie lunare, abbondante e diffuso. Dalla letteratura scientifica eravamo a conoscenza che la regolite “cotta” in forma di ceramica ha una diversa conducibilità termica rispetto alla polvere originaria. Ci è venuta allora la curiosità di andare a guardare cosa succede alle proprietà ottiche: nessuno finora aveva pensato di usare queste ceramiche come mezzo assorbitore di energia solare. Il gruppo Cnr-Ino lavora da oltre dieci anni su ceramiche innovative per assorbitori solari termodinamici di nuova generazione. Perciò, forti di questo bagaglio di esperienza “terrestre”, abbiamo cercato di estendere l’applicazione ad un ambiente completamente diverso dalla Terra. Va detto anche che la regolite ceramica è molto diversa dalle ceramiche estremamente ingegnerizzate, quasi “progettate a tavolino”, con cui abbiamo lavorato finora, dato che è un materiale eterogeneo, la cui composizione non può essere modificata in maniera semplice, e quindi molto più “rigido”. È stata una bella sfida». C’è ancora molta strada da fare nell’ambito della ricerca detta “In Situ Resource Utilisation” (IRSU), ma questo studio dimostra che la ricerca italiana è in grado di fornire risposte concrete ai bisogni tecnologici richiesti dalla futura colonizzazione spaziale.

Davide Mosca

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