Disordine armonico: la passione di Flavio Manzoni
L’architetto sardo è il genio isolano del car design che ha contribuito a ridare slancio alla Ferrari
Grazia Deledda e Flavio Manzoni, due sardi che in comune hanno sia la città di nascita, Nuoro – denominata l’Atene sarda, per lo slancio e la sensibilità verso il senso autentico della cultura e per l’attenzione della sua gente a tematiche quasi neglette in una società che troppo spesso trascura valori profondi e le radici autentiche della storia passata e recente – che l’esperienza di vita costruita al di là del mare, fuori dal luogo natio, un’avventura difficile ma esaltante legata dal filo rosso dell’emigrazione. Non una fuga di cervelli, ma la vocazione più alta al confronto con culture diverse, seppure con motivazioni umane che si differenziano alla base per le scelte personali. L’accostamento fra due giganti dell’identità sarda, Grazia Deledda scrittrice premio Nobel per la letteratura, prima italiana in assoluto, e Flavio Manzoni, architetto, ideatore del primo Centro Stile Ferrari della storia, è alla base delle motivazioni con cui l’Università di Sassari, lo scorso anno, ha conferito al genio isolano del car design la laurea Honoris Causa summa cum laude in Lettere, Filologia Moderna e Industria culturale. Un riconoscimento che arriva dopo una carriera costellata di premi prestigiosissimi che fanno di questo sardo illustre un nobel eccelso fra i designer del pianeta. In ogni azienda che ha voluto impreziosire i suoi prototipi con le idee creative di un talento eccezionale come Flavio Manzoni, i successi non sono mancati. Dalla Lancia alla Fiat, dalla Seat alla Volkswagen, fino all’ingresso in Ferrari per ridare slancio mondiale alla casa di Maranello. Ed i risultati sono sorprendenti con modelli che ormai hanno tracciato un solco profondo nella storia del Cavallino. Per due anni Compasso d’Oro, cinque Good Design Award, dodici iF Design Award, quattordici Red Dot Design Awards per dei gioielli da sogno che fanno grande l’Italia nel mondo.
Quando ha iniziato a disegnare?
Ho iniziato da bambino, è sempre stata una delle mie grandi passioni. Sicuramente merito di mio padre che ho voluto emulare. Lui era un bravissimo disegnatore con una mano felice e mi ha trasmesso una voglia irrefrenabile di disegnare qualsiasi oggetto. Era un mio modo di comunicare, di proiettare nella carta le mie immaginazioni. Appena possibile ero sempre all’opera, disegnavo dalle case ai mobili, dagli elettrodomestici alle automobili fino a soggetti artistici. Ho imparato a disegnare quando ho imparato a parlare.
Ma soprattutto le macchine.
Le quattro ruote sono state fin da quando ero piccolo una passione innata molto forte e non so neanche la ragione precisa. Forse perchè alla fine degli anni ’60 sono nati dei grandi capolavori, le cosiddette dream-car, macchine da sogno disegnate dai più grandi carrozzieri come Pininfarina, Bertone, Giugiaro, delle vere e proprie visioni, autentiche concept car che prefiguravano il futuro dell’automobile.
Che esperienza umana e professionale rappresenta per lei lavorare a Maranello?
E’ un’esperienza che riempie di significato le giornate. Perché lavorare per un marchio così non è soltanto un onore ma è anche una grande responsabilità. Noi dobbiamo tenere altissima l’asticella e far sì che tutto quello che viene prodotto da questa azienda sia il non plus ultra, il top dell’eccellenza della produzione automobilistica. La forma della Ferrari dev’essere come una scultura, una vera e propria opera d’arte, sennò non è una Ferrari.
Si ritiene fortunato a fare un lavoro che è anche una grande passione?
Moltissimo, perché quando da bambino sognavo di diventare un car designer mi sembrava un miracolo talmente impossibile e lontano che mai avrei immaginato di trasformare una grandissima passione in un lavoro per la vita. Figuriamoci sperare di essere il direttore del design Ferrari. Era inimmaginabile solo pensarlo visto il sodalizio così forte tra Ferrari e Pininfarina. Nessuno in passato avrebbe scommesso sulla possibilità di far nascere un centro stile interno, invece è successo e proprio io con il mio team abbiamo potuto realizzare questa straordinaria rivoluzione in casa Ferrari.
Lei è anche un eccellente musicista. Come nasce l’altro suo amore viscerale, quello per il pianoforte?
Sempre da mio padre, grande appassionato d’opera tanto che mio fratello Cristiano è pianista ed è specializzato nella musica lirica, prepara il repertorio e collabora con alcuni dei migliori cantanti della scena internazionale. Vista la passione di mio padre per il melodramma, un giorno fece capolino a casa un pianoforte. Da lì è stato amore a prima vista e ho iniziato con tenacia e dedizione a studiare tantissimo, imparando, nel corso degli anni, composizioni anche difficili per un principiante come ero io all’epoca.
Le sue creazioni artistiche sono paragonabili alle melodie del compianto Ennio Morricone perché resteranno impresse nella memoria collettiva. Pensa anche alle note musicali quando immagina una nuova Ferrari che farà sognare milioni di appassionati?
Se pensiamo a quante melodie si riescono a creare da 12 note non ci si capacità delle infinite possibilità che la musica offre all’estro umano. Allo stesso modo è per la forma. L’automobile ha dei connotati propri come prodotto, tuttavia c’è sempre la possibilità di inventare qualcosa di nuovo e di farsi trascinare dal fuoco creativo per realizzare delle linee originali mai viste prima. A volte è come improvvisare nella musica, nascono le prime note, arrivano le intuizioni sull’onda dell’ispirazione e poi gli elementi si amalgamano prendendo forma. Un altro fattore che accomuna la musica con il mio lavoro è la creatività del gruppo, del team che costruisce il prodotto finale, come in una jam session nella quale ognuno esegue le proprie linee melodiche secondo degli standard jazzistici ma senza un progetto precostituito. È stato definito “disordine armonico”: viene forgiato gradualmente assemblando le intuizioni estemporanee che possono provenire anche da un campo esterno così da influenzare le scelte stilistiche di quello che sarà il design, oppure, nel caso di una composizione, il sound definitivo.
Luigi Puddu