La potenza del gesto e del segno della pittura di Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006) sono al centro della mostra Questa è pittura allestita al Forte di Bard, in Valle d’Aosta, fino al 2 giugno 2025. Il progetto, curato da Gabriella Belli, espone in maniera esaustiva le fondamentali tappe della sua produzione artistica, dalle prime opere figurative al puro gesto informale a cui si è dedicato per il resto della sua vita.

L’esposizione è promossa dall’Associazione Forte di Bard in collaborazione con 24 Ore Cultura e Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, da cui provengono la maggior parte dei 31 dipinti e delle 22 opere su carta, alcune delle quali inedite. Le restanti opere sono state prestate da prestigiose collezioni pubbliche italiane come il Comune di Firenze – Musei civici fiorentini, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, il Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e da alcune collezioni private.

Emilio Vedova è stato uno degli artisti d’avanguardia più influenti del Novecento. Libero, dissidente, curioso e ribelle, ha tradotto nelle sue opere il suo impegno civile.

Il progetto espositivo, suddiviso in otto sezioni, desidera esimere qualsiasi lettura storica e sociopolitica della vita di Emilio Vedova, mostrando attraverso le fondamentali fasi della sua ascesa una personalità libera e dissidente capace di trasformare la vocazione artistica in impegno civile. L’artista d’avanguardia più influente del Novecento si è distinto tra le più considerevoli espressioni dell’Informale europeo ed è per questa produzione che tutt’oggi è riconosciuto. 

Il percorso espositivo si snoda nelle sale delle Cannoniere con una sequenza non strettamente cronologica,  volta  a  sostenere la  tesi dell’esposizione,  indirizzata ad esplorare quei periodi/episodi della vita artistica di Vedova in cui – tralasciando il suo forte impegno civile e silenziando quella sua ben nota, carismatica voce di protesta davanti alle tragedie della storia e agli eventi della cronaca – l’artista sembra dedicarsi all’esercizio della pittura, lasciandoci così prove straordinarie di quella sua impetuosa energia creativa, che ha incontestabilmente segnato la pittura europea del secondo dopoguerra.

Emilio Vedova. Questa è pittura accompagna il visitatore sin dagli esordi in cui l’artista, giovane e autodidatta, osserva curioso i pittori in Piazza San Marco, riusando la sera a casa per dipingere il colore di pulitura delle loro tavolozze. Venezia è la sua prima vera scuola e i capolavori dei grandi maestri veneti sono facilmente accessibili, così Emilio Vedova inizia la sua carriera artistica esercitandosi con la copia delle opere di grandi artisti, in particolare di Tintoretto. Un intreccio per certi aspetti indissolubile che restituisce il profilo di un artista di altissimo talento e nello stesso tempo di una rara capacità d’essere dentro il farsi della storia. Difficile distinguere in lui il punto di caduta tra il suo essere uomo di militanza civile e il suo essere un grande pittore.

Negli anni Quaranta Emilio Vedova inizia a ribellarsi al modello figurativo prediletto dal regime dell’epoca e cerca l’astrazione. Moltiplicazione dei pani e dei pesci (da Tintoretto) (1942) è l’esempio di una caotica composizione di figure, come ammassate una sopra l’altra, dalle quali è ancora possibile riconoscere la struttura figurativa. Ispirato dalla Guernica di Picasso e afflitto dalla distruzione della guerra, Emilio Vedova perde gradatamente, seppur per un breve periodo, la vivacità cromatica dei quadri precedenti. Immagine del tempo (1946) è caratterizzato da una pittura geometrica essenziale, composta da duri segni di colore nero su uno sfondo color avorio. È solo dopo la guerra che il suo segno ritorna ad acquisire flessibilità, nell’opera Interno di Fabbrica (1949) manifesta un evidente interesse per il cubismo, realizzando una composizione che sembra essere il preludio della dimensione informale che diventerà, come scrive la curatrice Gabriella Belli, una “versione definitiva del suo personalissimo astrattismo, con soluzioni libere da ogni vincolo o memoria o eredità”. Dagli anni Cinquanta prende definitamente avvio la produzione astratta informale di Emilio Vedova. Un’opera come L’immagine del tempo ‘51 (sbarramento) (1951) segna il passaggio dalla figura al gesto libero dell’artista veneziano. In questo periodo inizia a ricevere i primi importanti riconoscimenti e a confrontarsi con gli artisti internazionali come Pollock, Kline e De Kooning.

Nella serie Ciclo degli anni Sessanta ritorna il colore, seppur in cromie primarie, all’interno di composizioni informali che diventano conturbanti espressioni di protesta e speranza. Il percorso espositivo è un climax della sua produzione, il gesto pittorico di Vedova diventa sempre più energico al punto da distaccarsi dalle pareti per occupare più spazio. I Plurimi sono una serie di installazioni pittoriche tridimensionali ideate a Venezia nei primi anni Sessanta e realizzate durante gli anni trascorsi a Berlino. Sono pezzi di legno asimmetrici, congiunti da cerniere metalliche, definiti dalla critica dell’epoca come “masse d’assalto”. Queste opere, folgorate dal colore e dalla vitalità della materia, si impongono nello spazio espositivo cercando un contatto, imponendo un confronto. 
Un’intera sala è dedicata ai disegni a e alle bozze degli anni Ottanta, custoditi dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova a Venezia. Sono frammenti del suo flusso di coscienza, una progressione di schizzi, studi, pensieri in bilico tra le idee e le grandi tele da lui dipinte.
L’apice della sua produzione artistica arriva con la serie …Als Ob… del 1983. Emilio Vedova descrive l’atto di dipingere come un dolore insopportabile e questa sensazione si percepisce chiaramente avvicinandosi alle sue grandi tele bianche e nere capaci di avvolgere l’osservatore in una tempesta di pura catarsi. Nella serie Rosso, la composizione diventa una tormentata vertigine di segni e colori. Questo è lo stadio finale della produzione di Vedova, che una volta trovata la sua più chiara e solida espressione, sembra voler confrontarsi ancora una volta con lo studio rinascimentale che lo ha guidato all’inizio del suo percorso. Mantenendo aperta la vena espressiva alla massima potenza crea la serie Tondi, avendo ormai conquistato il suo posto nella storia dell’arte, celebrandone a suo modo la tradizione. È con queste opere dalle tele circolari che si conclude la mostra, realizzata come un percorso ascensionale, anche se non strettamente cronologico, capace di raccontare attraverso le immagini la naturale e spontanea, seppur lacerante, vocazione di Emilio Vedova che ha caratterizzato la pittura europea del secondo dopoguerra.
Sibilla Panfili

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