Gianni Berengo Gardin. L’Occhio come mestiere
Oltre 200 fotografie per uno straordinario racconto visivo dell’Italia dal dopoguerra a oggi fino al 18 settembre allo Spazio Extra MAXXI
Gianni Berengo Gardin, maestro del bianco e nero, della fotografia di reportage e di indagine sociale, in quasi settant’anni di carriera ha raccontato attraverso le sue immagini l’Italia dal dopoguerra a oggi, costruendo un patrimonio visivo unico caratterizzato da una grande coerenza nelle scelte linguistiche e da un approccio “artigianale” alla fotografia.
La sua personale Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere, al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo fino al 18 settembre 2022, raccoglie oltre 200 fotografie tra immagini celebri, altre poco note o inedite. Un racconto straordinario dedicato all’Italia, a cura di Margherita Guccione e Alessandra Mauro, prodotta dal MAXXI in collaborazione con Contrasto. Main Partner Enel.
La mostra
Punto di partenza di questo viaggio visivo è Venezia, città d’elezione, il luogo in cui si forma come fotografo ed è il luogo di un continuo ritorno, dalle prime straordinarie immagini degli anni Cinquanta, passando per la contestazione alla Biennale del 1968 fino al celebre progetto dedicato alle Grandi Navi del 2013.
Da Venezia alla Milano dell’industria, delle lotte operaie, degli intellettuali (in mostra, tra gli altri, i ritratti di Ettore Sotsass, Gio Ponti, Ugo Mulas, Dario Fo), per attraversare poi quasi tutte le regioni e le città italiane, dalla Sicilia alle risaie del vercellese, osservate nelle loro trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche dal secondo dopoguerra a oggi.
E poi i celebri reportage dai luoghi del lavoro realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e, soprattutto, Olivetti (con cui collabora per 15 anni), che lo aiutano a crearsi una coscienza sociale: «Posso definirmi comunista fuori dalle righe, non tanto perché ho letto i testi importanti del comunismo, ma perché ho lavorato in fabbrica con gli operai, capivo i loro problemi». Quelli sugli ospedali psichiatrici pubblicati nel 1968 nel volume Morire di classe, realizzato insieme a Carla Cerati: immagini di denuncia e rispetto, straordinarie e terribili, che documentavano per la prima volta le condizioni all’interno degli ospedali psichiatrici in diversi istituti in tutta Italia. Curato da Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia, il libro ha contribuito in modo determinante alla costituzione del movimento d’opinione che ha condotto nel 1978 all’approvazione della legge 180 per la chiusura dei manicomi.
Le immagini in mostra raccontano poi i popoli e la cultura Rom, di cui Berengo Gardin ha fotografato con fiducia e curiosità i momenti intimi e quelli corali, come le feste e le cerimonie; i tanti piccoli borghi rurali e le grandi città; i luoghi della vita quotidiana; L’Aquila colpita dal terremoto; i cantieri (tra cui anche quello del MAXXI, fotografato nel 2007); i molti incontri dell’autore con figure chiave della cultura contemporanea (Dino Buzzati, Peggy Guggenheim, Luigi Nono, Mario Soldati, solo per citarne alcuni).
Attraverso la scansione di un QR code, è inoltre possibile visitare la mostra accompagnati dalla voce di Gianni Berengo Gardin che racconta in prima persona aneddoti e ricordi legati alla sua vita personale e professionale, primo di una serie di podcast che il MAXXI dedica a fotografi, artisti e architetti presenti nella Collezione del Museo.
Sibilla Panfili
Credit: Gianni Berengo Gardin, Treno Roma-Milano, 1991, (c) Gianni Berengo Gardin/ Courtesy Fondazione Forma per la fotografia, Milano