Green friday, quando la rivoluzione è fashion
Il brand Rifò lancia un’iniziativa in favore di una moda etica e più giusta. Il ricavato sarà devoluto al movimento Fashion Revolution
Altro che black friday. La vera rivoluzione è il green friday. Quelli di Rifò, giovane brand di Prato, di questo ne sono sicuri. Per questo lanciano la seconda edizione di una iniziativa benefica in favore di una moda etica e più giusta. In occasione del venerdì nero, che tutto il mondo festeggia con gli ormai famosi super sconti, il brand toscano presenta un maglione in edizione speciale che si chiama Emmobasta, realizzato in cashmere rigenerato e ricamato a mano dalla designer AlmenoNevicasse.
Saranno comunque tutti i prodotti delle collezioni Rifò a contribuire all’iniziativa del green friday. Per ogni capo acquistato sul sito www.rifò.lab.com, 5 euro saranno infatti devoluti alla campagna di sensibilizzazione di Fashion Revolution, il movimento internazionale che unisce persone e organizzazioni e che punta a cambiare radicalmente il modo nel quale i vestiti vengono prodotti e acquistati. L’obiettivo è che vengano realizzati in condizioni giuste e umane per i lavoratori e da una industria che valorizza la trasparenza e la sostenibilità delle aziende. L’iniziativa non sarà attiva solamente nella giornata del black friday, il 29 novembre. Il green friday di Rifò ha infatti preso il via lo scorso 25 novembre e proseguirà fino a lunedì 2 dicembre.
Niccolò Cipriani, fondatore di Rifò insieme a Clarissa Cecchi, tiene molto all’iniziativa. «Rifò, come sempre, non aderisce a nessuna tipologia di saldo stagionale o svendita speciale – commenta -. Ci impegniamo a mantenere tutto l’anno prezzi giusti e garantiamo la durevolezza dei nostri capi, sicuri della qualità con cui sono prodotti. Siamo contrari al consumo compulsivo d’abbigliamento e alla moda usa e getta, che sono agli antipodi dell’idea con cui è nato Rifò: contrastare sovraproduzione e sovraconsumo nel mondo della moda. Anzi, vogliamo promuovere una moda sempre più emozionale che porti ad affezionarci ai nostri capi tanto da non volercene separare più».
Dario Budroni