I vecchi cellulari diventano gioielli stampati in 3D
Anche il Politecnico di Milano lavora al progetto Fenix: così dai rifiuti elettronici nascono nuovi oggetti che rispettano l’ambiente
Il mondo continua a produrre montagne di rifiuti elettronici. Telefoni cellulari e altri dispositivi che però potrebbero presto cominciare una nuova vita. C’è un progetto, per esempio, che ha dimostrato che dai cellulari si possono addirittura ricavare dei gioielli che rispettano l’ambiente, naturalmente stampati in 3D. A giocare un ruolo da protagonista è il Politecnico di Milano, che del progetto Fenix è partner. «I rifiuti elettronici trovano nuova vita diventando materia prima per prodotti eco-compatibili, come nuovi filamenti metallici per la stampa 3D, polveri metalliche green per la manifattura additiva e gioielli sostenibili stampati in 3D – spiegano dal politecnico -. Un progetto europeo Horizon 2020, di cui il Politecnico di Milano è partner, che si è concluso dopo più di tre anni di lavoro e che ha raggiunto l’obiettivo di sviluppare nuovi modelli di business e strategie industriali in un’ottica di economia circolare».
È stato il Laboratorio Industry 4.0 del Dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico a dare un importante contributo alla riuscita del progetto Fenix. «Ha implementato una stazione automatizzata per il disassemblaggio di schede elettroniche di cellulari grazie ai cobot, robot collaborativi che sono tra le soluzioni di automazione più avanzate in termini di tecnologia robotica, perché garantiscono flessibilità operativa consentendo interazione con l’ambiente circostante e con gli operatori con cui condividono le mansioni – spiegano ancora dal Politecnico di Milano -. Il cobot, tramite un processo semiautomatizzato, riesce a dissaldare i componenti elettronici di una scheda e a salvaguardarne le caratteristiche chimiche: sfruttando un flusso di aria calda scioglie lo stagno che lega i componenti in modo che questi possano essere staccati e gestiti separatamente dalla scheda».
L’azione del laboratorio milanese è stata seguita da quella degli altri partner del progetto Fenix, riuniti in un consorzio. «Le schede elettroniche disassemblate sono trattate dall’Università dell’Aquila, che recupera dalle schede e dalle componenti elettroniche alcuni materiali puri quali rame, stagno, oro, argento e platino. Rame e stagno vengono successivamente trasformati sia in polveri metalliche (dall’azienda MBN Nanomaterialia Spa di Treviso) che in filamenti adatti alla stampa 3D (congiuntamente dalle aziende MBN Nanomaterialia Spa, e dalle aziende I3DU e 3DHUB di Atene), ed entrambi testati dal centro di ricerca Fundació CIM di Barcellona – spiegano sempre dal Politecnico di Milano -. I metalli preziosi vengono invece utilizzati dalle aziende I3DU e 3DHUB di Atene per la creazione di gioielli eco-compatibili. Questi gioielli realizzati e messi in vendita attraverso il consorzio possono anche essere personalizzati attraverso un servizio di scansione 3D ed assumere le forme di oggetti o visi di persone. L’auspicio è che al termine del progetto i modelli di business pensati e testati da Fenix siano replicabili da parte di altri soggetti esterni, al fine di promuovere la creazione di nuove filiere circolari».
Dario Budroni