Ice Stupa, fiabesche torri di ghiaccio per vincere la siccità
Sulle vette dell’Himalaya un sogno è diventato realtà
Tra panorami mozzafiato e cieli azzurrissimi, il Ladakh è una regione spettacolare racchiusa tra le catene montuose del Karakorum e l’Himalaya, le cui temperature d’inverno raggiungono i 30 gradi sottozero. Ma nonostante ciò è un’area arida che soffre di lunghi periodi di siccità, infatti nel corso dell’anno cadono meno di 5 cm di pioggia.
Gli abitanti del Ladakh, distribuiti in circa 200 villaggi, vivono di agricoltura e per l’approvvigionamento idrico si servono dei ghiacciai arroccati sulle montagne più alte. Il legame tra l’uomo e il ghiaccio quindi è molto forte, e ultimamente, a causa dei cambiamenti climatici, i ghiacciai si stanno ritirando, mettendo a rischio le coltivazioni. Già in primavera il ghiaccio inizia a scarseggiare perché le temperature sono troppo alte e l’acqua tende a evaporare velocemente.
Ma in queste lande incontaminate sono sorte da alcuni anni delle spettacolari torri di ghiaccio, che sembrano aver risolto, almeno in parte, questo problema. Tutto nasce dall’intuizione del giovane ingegnere Sonam Wangchuk, che qualche anno fa ha voluto conoscere l’ingegnere civile in pensione Chewang Norphel, chiamato “Ice Man of Ladakh”. In passato Norphel aveva perlustrato a piedi la zona del Ladakh e osservando il cambiamento dei corsi d’acqua ha realizzato dei ghiacciai artificiali creando degli argini vicino ai letti glaciali e deviandovi l’acqua di fusione. In questo modo l’acqua si ghiacciava in inverno e restava lì fino a quando non arrivava il clima più caldo e poteva essere incanalata a valle per l’uso estivo.
Tuttavia, questo intervento era molto difficoltoso e costoso perché era necessario muoversi per molti chilometri dai villaggi, e spesso l’acqua evaporava prima di poter essere utilizzata. Così Wangchuk, che nel 1988 ha co-fondato nel Ladakh il SECMOL, una scuola alternativa nota per i suoi edifici ad energia solare, ascoltando i racconti dell’Ice Man si è incuriosito e ha deciso di portarne avanti il progetto.
La missione di Wangchuk ambiva a trovare un modo per evitare che l’acqua raccolta si sciogliesse prima dell’estate, e portarla a valle eliminando la necessità di fare un percorso in salita. Contando sull’aiuto della fisica ha deciso di avviare un progetto che consiste essenzialmente nel fare circolare l’acqua in un tubo, facendola rimanere in piano. Nell’inverno del 2013-14 ha avviato con i suoi studenti un progetto pilota utilizzando l’acqua del ghiacciaio e con la spinta della gravità immagazzinare l’acqua nelle tubature.
“Per il progetto pilota, abbiamo scelto un luogo che fosse completamente esposto alla luce del sole e che si trovasse alla più bassa altitudine – e quindi la più calda – possibile in tutta la valle di Leh”, racconta Wangchuk. “La costruzione del prototipo ha richiesto un mese. Quando i membri del team hanno visto il cono di ghiaccio salire a circa 23 piedi, sono rimasti entusiasti”.
Nel novembre 2014, Wangchuk ha dato il via alla costruzione di un nuovo “stupa” (così si chiamano gli edifici buddisti che raccolgono le reliquie sacre e di cui questi coni ricordano le forme) di ghiaccio. Il capo spirituale della comunità, Sua Santità Che Tsang Rinpoche, ha chiesto che ne venisse realizzato uno anche nei pressi del suo monastero nella valle di Phyang, in linea con il suo amore per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile.
Quando iniziarono i lavori di costruzione, diverse centinaia di abitanti del luogo si sono offerti come volontari per contribuire a scavare il tunnel, posare il tubo e poi spalare la terra sopra di esso. Hanno anche piantato 5.000 alberi rendendo la valle più verde. “In genere, in Ladakh, c’è una ricca tradizione di persone che vengono ad aiutare”, afferma Wangchuk – “e ciò avviene perché è un luogo molto duro e difficile, e non si può sopravvivere se ci si prende cura solo di se stessi”.
Vedendo lo stupa nella valle di Phyang, molte persone della comunità hanno percepito anche un legame spirituale con questa costruzione. Non solo una parte dei venerati ghiacciai ora si trovava nella loro valle, ma intorno allo stupa hanno appeso delle bandiere di preghiera colorate evocando la similitudine con i monumenti buddisti.
Gli “stupa di ghiaccio” vengono realizzati durante le notti invernali, quando la temperatura è più bassa, facendo convogliare l’acqua di sorgente fino alla struttura che fungerà da supporto per la torre. Qui l’acqua viene sparata verso l’alto e fatta congelare a contatto con l’aria. Mano a mano che il ghiaccio si accumula è possibile entrare all’interno dello stupa per aggiungere tubi, permettendo di aumentare lo spessore del deposito glaciale. La fusione comincia verso marzo, con l’inizio della primavera, e consente di avere un flusso costante di acqua anche fino a luglio.
Questi incantevoli e quasi irreali coni di ghiaccio, possono raggiungere i 25 metri, e come mini-ghiacciai rilasciano lentamente acqua irrigua durante la stagione vegetativa. A partire dal novembre 2017, Wangchuk e il suo team hanno creato una mezza dozzina di piccoli stupa più piccoli lungo le rive dei torrenti dell’Indo, come piloti per la seconda fase. Poiché questi stupa sono costruiti proprio accanto ai torrenti, i tubi e i costi sono molto inferiori. Se centinaia di questi stupa fossero in funzione – e Wangchuk spera che un giorno lo siano – potrebbero avere il potenziale di compensare la diminuzione del flusso glaciale.
Grazie ai finanziamenti del Rolex Award for Enterprise, che ha creduto fortemente in questo progetto, nel prossimo futuro saranno realizzati altri stupa di ghiaccio anche in altri paesi del mondo, una soluzione lungimirante e sostenibile per adattarsi ai cambiamenti climatici ed essere di supporto al rinverdimento delle zone desertiche.
Nathalie Anne Dodd