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“Il folgorante cortocircuito” di Klimt e le sue influenze sugli artisti italiani in mostra a Rovereto

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06/03/2023

Un’iniziativa firmata dal Mart per celebrare il grande pittore austriaco e che aprirà i battenti il prossimo 15 marzo e sarà visitabile fino al 18 giugno 2023

Il passaggio del maestro viennese in Italia è segnato da due capolavori: Giuditta II e Le tre età. In via del tutto eccezionale le due opere saranno esposte insieme a Rovereto per la mostra Klimt e l’arte italiana. E saranno proprio questi capolavori a rappresentare il perno attorno al quale ruoterà l’iniziativa che inaugurerà il prossimo 15 marzo per poi chiudere i battenti il 18 giugno 2023. La mostra, curata da Beatrice Avanzi, analizza l’attività di pittori e scultori italiani il cui lavoro fu ispirato da quello di Gustav Klimt e dalla Secessione. Quasi magico e circoscritto nel tempo, questo momento della storia dell’arte si discosta dalle grandi e più note correnti, come le Avanguardie, e precede il Ritorno all’Ordine e le tendenze post belliche. Il visitatore si ritroverà a percorrere un sentiero di bellezza costellato da circa duecento opere provenienti da collezioni pubbliche e private.

Dalla pittura alle arti decorative la storia proposta dal Mart si declina in rivoli di colore dai sapori sontuosi, seduttivi e al tempo stesso decadenti. Klimt (1862-1918) è considerato il padre della secessione viennese e il suo legame con l’Italia risale alla sua partecipazione Biennale di Venezia del 1910 e all’Esposizione Internazionale di Roma del 1911, organizzata in occasione del cinquantenario dell’unità d’Italia. L’artista viennese con il suo stile unico e inconfondibile, influenzarono un’intera generazione di artisti, in particolare modo nei primi anni del ‘900, che rinnovarono profondamente il proprio linguaggio. A raccontarlo in modo esaustivo saranno le opere di alcuni di questi autori, circa quaranta, principalmente attivi a Venezia come Vittorio Zecchin il cosiddetto “Klimt italiano”; o i giovani “dissidenti” di Ca’ Pesaro, come Felice Casorati; senza dimenticare quelli coinvolti nelle grandi imprese decorative della Biennale, è il caso per esempio di Galileo Chini. Non possono mancare coloro che per prossimità geografica e culturale furono particolarmente vicini al clima delle Secessioni, come il triestino Vito Timmel o i trentini Luigi Bonazza, Luigi Ratini e Benvenuto Disertori. Le atmosfere austriache e germaniche ispirano inevitabilmente anche l’opera dello scultore Adolfo Wildt, definito dai critici “il Klimt della scultura”. Come scrive la curatrice della mostra, Beatrice Avanzi, nel catalogo a lui dedicato, si tratta di un“folgorante cortocircuito” di Klimt che fu a sua volta erede della tradizione italiana. «È infatti acclarato – scrive la curatrice – che alcune delle sue opere più note siano state realizzate a seguito dei frequenti viaggi in Italia durante i quali visitò la Basilica di San Marco e i mosaici di Ravenna, che ispirarono gli ori, i decori, la bidimensionalità. Se Klimt “rende attuali e trasforma in una sintassi rivoluzionaria le impressioni indelebili derivate dalla tradizione artistica del nostro paese, gli artisti che influenza “con un potere di seduzione senza pari” contribuiscono al delinearsi di una parentesi unica e preziosa su cui finalmente si inizia a far luce».

Davide Mosca

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