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Il Jazz nella Sardegna di Paolo Fresu

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28/07/2022

L’artista sardo ha trasformato un piccolo paese gioiello gallurese di 3mila abitanti nel centro mondiale del Jazz con la presenza nel suo Festival degli artisti più forti del panorama jazzistico nazionale e internazionale

Le emozioni viaggiano veloci sul filo che unisce la musica di Paolo Fresu alla Sardegna. Spesso oltremare, per la vita, per la musica, per il jazz. Ancor più frequente la nostalgia della Terra che gli ha dato tutto, dalla nascita alla sua formazione culturale e musicale. Fino al passaporto “ideale” di ambasciatore dell’Isola. E nel tentativo, peraltro sempre ben riuscito di ripagare tutto questo, Paolo Fresu ha portato il nome della Sardegna fin dove mai era arrivato prima. Attraverso la sua musica, i suoi concerti, il suo Time in Jazz di Berchidda che quest’anno compie 35 anni di vita. L’acqua, il fuoco, la terra, le stelle, sono solo alcuni dei temi scelti in passato dal grande trombettista per il suo Festival realizzato nei luoghi più suggestivi del nord Sardegna. Siti archeologici, chiesette campestri, boschi, spiagge e laghi. Era il 1988 quando Paolo Fresu, trombettista nato in piccolo centro gallurese con poco più di tremila abitanti, Berchidda, decise di lanciare il Time in Jazz, un festival estivo sulla scia dei tanti esistenti, ma con una componente in più: l’estro di un grandissimo musicista capace di valorizzare la sua terra. «Time in Jazz è una sorta di figlio per me. Io ero molto giovane – ha ricordato Paolo Fresu – e ha accompagnato non solo la mia crescita, ma anche quella dell’Isola. Una Sardegna che era ben diversa da quella di oggi, ma il festival continua a rappresentare una cartina tornasole di quella che è anche una visione umana sociale, politica dell’Isola più creativa. Una regione molto aperta, ma anche un po’ “sorda” se non “sarda” sulle relazioni tra i territori che invece di essere spinte a volte sono frenate. Ecco il Time in Jazz è la nostra risposta a quella parte immobile e per questo abbiamo voglia di confrontarci per trovare nuove vie al fine di evitare lo spopolamento dei piccoli borghi creando in questi luoghi dei centri di produzione che vadano al di là dell’estate o dei singoli eventi». Qui, alle pendici del Limbara, sono passati i più grandi artisti al mondo. Da Richard Galliano a Uri Caine, da Dave Douglas a Ornette Coleman, senza dimenticare gli italiani Enrico Rava, Stefano Bollani, Danilo Rea, Enrico Pierranunzi, Maria Pia De Vito, Rita Marcotulli. «Nel contratto di Ornette Coleman, una delle stelle del jazz mondiale, c’era scritto che doveva avere due bodyguard a disposizione, ma io non lo sapevo – ha raccontato Fresu divertito per l’episodio – e nel back stage a Berchidda all’improvviso vidi due ragazzi della banda musicale del paese vestiti tipo matrimonio che avevano una specie di filo che gli usciva dall’orecchio. Era chiaramente finto. E lui era contento e allo stesso tempo sbalordito per il posto in cui si trovava magari in giro per il paese o al bar con alcuni tra i nostri pastori che gli parlavano. Ecco questa commistione tra piccolo e grande, di gente di architettura sociale differente, in un Festival importante con un palco bellissimo, ma allo stesso tempo familiare ha sempre conquistato gli artisti che qui ritornano sempre molto volentieri». Quest’anno il Festival, in programma dal 7 al 16 agosto, è ispirato all’arcobaleno, al tema delle diversità e alla pace e con iniziative in ben quattordici comuni.

Davide Mosca

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