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Il Madagascar visto dallo sguardo di Roberta Fadda

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02/04/2024

Una mostra fotografica in programma a Olbia racconta le sfaccettature più crude, tra luci e ombre, di un Paese flagellato dall’estrema povertà e da eventi climatici estremi

I volti, gli sguardi, i sorrisi, immortalati e consegnati alla stampa. Per un viaggio alla scoperta di una Paese tanto lontano quanto affascinante: Il Madagascar. Perlopiù e dalla maggior parte delle persone considerato luogo esotico per il turismo, ma nella realtà dei fatti un Paese con tanti problemi generati dalla situazione di estrema povertà e di forte diseguaglianze soprattutto nella capitale e nelle zone turistiche come Nosy Be e Diego Suarez e non da ultimo gli eventi climatici estremi come i cicloni. L’ultimo, denominato Freddy, ha flagellato il Paese provocando morte e distruzione. Una interessante mostra fotografica in programma a Olbia alla Società delloStucco di via Cavour 43 prova a dare la possibilità di scoprire luci e ombre del Madagascar. Gli scatti sono firmati da Roberta Fatta che ha voluto raccontare il suo lavoro spiegando le difficoltà di questo progetto che è stato denominato “Sguardi malgasci”. «Parlare del viaggio in Madagascar non è semplice – ha spiegato la fotografa – . Anche questa volta, la fotografia mi ha aiutata ad esprimere sentimenti ed emozioni che difficilmente riuscirei a descrivere: la bellezza dei sorrisi incontrati per strada, gli sguardi profondi, i forti sentimenti provati per aver scoperto la miseria a cui l’uomo è destinato.
L’impatto con la capitale Antananarivo, dopo il ritorno devastante del ciclone Freddy, non è stato semplice. Nonostante fosse completamente allagata le persone sembravano totalmente incuranti, per abitudine o per necessità, della condizione di difficoltà a cui erano sottoposti. Seppur con l’acqua fino alle ginocchia, proseguivano con la vendita dei prodotti nei mercati, mentre i bambini continuavano instancabili nella ricerca di cibo all’interno di grandi cumuli di immondizia. Una condizione umana intollerabile. Lo scenario cambia quando ci si allontana dalla capitale. La natura affascinante regala scenari indimenticabili. Il colore rosso fuoco della terra in contrasto col verde brillante delle risaie, le infinite coltivazioni di tè, caffè e mango, le cascate e le spettacolari montagne rocciose della zona di Ambalavao, mi hanno lasciata senza parole. Ho percorso un migliaio di chilometri guardando fuori dal finestrino con gli occhi gonfi dal pianto. Non dimenticherò mai i visi disperati di alcuni bambini, non accetterò mai quegli sguardi. Allo stesso tempo non dimenticherò mai i sorrisi che mi hanno regalato al primo accenno di saluto, alle corse per potermi abbracciare pur non conoscendomi. I tre giorni di viaggio necessari per raggiungere la missione di Isifotra si sono trasformati in sei lunghi giorni trascorsi per lo più in macchina, a causa del ciclone. La Route Nationale RN7 è tutto fuorché una strada come la intendiamo noi. Sembra più che altro un luogo dimenticato da tutti. La parte più pesante è stata la seconda, quella da Ihosy a Isifotra (RN27), poiché lungo il tragitto siamo stati bloccati dalla furia dell’acqua che scorreva lungo i fiumi Sahambano e Menarahaky. I ponti alti 4 metri erano completamente sommersi e gli abitanti dei villaggi limitrofi attendevano come noi che la portata diminuisse.
Non potendo oltrepassare il fiume, all’imbrunire una gentilissima famiglia del profondo sud del Madagascar ci offrì ospitalità in una capanna. Stare al villaggio Sahambano mi ha dato la possibilità di conoscere i bambini del posto e insegnare loro un po’ di inglese. Attraversare il secondo fiume, il Menarahaky, è stato invece doloroso perché abbiamo vissuto una tragedia a pochi passi da noi. Un’auto con 9 persone ha cercato di attraversare il ponte ed è stata travolta dalla furia dell’acqua. Ora due di queste non ci sono più. Qui non si aspettano i soccorsi, non si aspetta nulla. Mi emoziona pensare alla cordata di uomini creata da un lato all’altro del fiume per poter tirar fuori le 7 persone rimaste incastrate nell’auto. Dopo sei lunghi giorni, finalmente Isifotra: la meta del mio viaggio. Momenti intensi trascorsi tra la visita al dispensario, l’area dedicata ai lebbrosi e la casa famiglia dove risiedono bambini diversamente abili. Tra le varie esperienze vissute al villaggio ricordo con tanto amore la visita nelle capanne e alla scuola. Mi emoziona particolarmente ricordare due bambine accudire i propri fratellini di pochi mesi, sostituendosi ai genitori impegnati nei campi e rinunciando così alla propria istruzione. Le vedrete tra le foto esposte, una si chiama Safiala. Vedere la missione è stato motivo di arricchimento a 360°. È solo grazie alla mia cara zia Giannina, missionaria da più di 20 anni, che ho potuto vivere questa esperienza unica.
E ora mi viene voglia di tornare!».

Davide Mosca

Foto: Courtesy Società dello Stucco/Roberta Fadda

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