Il rapporto Iidea-Censis: nel 2020 il fatturato ha raggiunto quota 2.2 miliardi di euro. Cambia la percezione del gaming: non è solo divertimento

L’Italia si incolla sempre più allo schermo. A dirlo sono i numeri elaborati in un rapporto Iidea-Censis: nel 2020, nell’anno più duro della pandemia, le vendite di videogiochi hanno raggiunto il valore di 2.2 miliardi di euro, con una crescita del 21.9% al 2019. In Italia il comparto conta 160 imprese che impiegano 1.600 addetti (di cui il 79% ha un’età inferiore ai 36 anni) e un fatturato di 90 milioni di euro. Un settore che condensa talento, creatività, innovazione e che presenta ampi margini di sviluppo.

Un aiuto potrebbe per esempio arrivare dalle politiche pubbliche. Secondo le previsioni del Censis, investendo nel gaming 45 milioni di euro in cinque anni (la somma prevista dal Pnrr), il fatturato delle imprese italiane del settore salirebbe a ben 357 milioni di euro nel 2026. Un intervento simile creerebbe nei cinque anni 1.000 posti di lavoro qualificato per i giovani, attiverebbe complessivamente 360 milioni di euro di investimenti privati e genererebbe 81 milioni di gettito fiscale aggiuntivo.

La ricerca Il valore economico e sociale dei videogiochi in Italia realizzata dal Censis in collaborazione con Iidea (Italian interactive entertainment association) parla dunque chiaro. Gli italiani credono infatti nelle potenzialità del comparto. Per il 59,4% il settore è in grado di generare tanti nuovi posti di lavoro, soprattutto a vantaggio dei giovani. Per il 57,9% il talento e la creatività degli sviluppatori italiani renderanno il gaming un ambasciatore nel mondo del made in Italy. Per il 54,2% (e il dato sale al 58,9% tra i laureati) lo sviluppo del settore contribuisce alla ripresa economica nazionale.

Secondo il rapporto da poco diffuso dal Censis, i videogiochi sono un passatempo che diverte, emoziona e allena le soft skills. Per il 71,6% degli italiani (e addirittura l’85,9% dei giovani) i videogiochi sono divertenti e fanno trascorrere il tempo in modo piacevole. Il 68,2% (con punte fino all’82,1% tra i giovani) li ritiene coinvolgenti, perché sanno appassionare e trasmettono emozioni. Il 60,8% li trova intuitivi e facili da utilizzare. Per il 52% (il 70,9% tra i giovani e il 58,6% tra i laureati) aiutano a sviluppare nuove abilità, come risolvere problemi o prendere decisioni in maniera veloce. Per il 42,2% i videogiochi favoriscono la socializzazione e incoraggiano le attività di gruppo. Il 59,1% degli italiani pensa inoltre che dai videogame possa arrivare un importante contributo alla divulgazione scientifica e alla diffusione in modo semplice dei risultati di studi e ricerche. Il 57,9% sottolinea la funzione terapeutica che i videogiochi possono svolgere per alcune patologie specifiche, come il deficit dell’attenzione o l’iperattività. Per il 56,5% i giochi elettronici promuovono il turismo e la conoscenza dei luoghi in cui sono ambientati. Il 51,6% li considera utili alla didattica scolastica. Il 45,8% li ritiene un ausilio per la selezione e la valutazione delle risorse umane. Per il 44,9% supportano la formazione professionale e il trasferimento delle competenze.

«È giunto il momento di accendere un cono di luce sul settore del gaming – ha detto Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis -. Non soltanto per il rilevante contributo economico e occupazionale dell’industria italiana dei videogiochi. Ma anche per le funzioni sociali che può svolgere, finora sottovalutate: dal supporto alla didattica nelle scuole allo sviluppo delle abilità cognitive dei giovanissimi. Gli italiani dimostrano in larga parte di esserne consapevoli, ora va svecchiata una certa narrazione stereotipata». Sulla stessa linea Marco Saletta, presidente di Iidea: «I risultati di questa indagine mettono in luce in maniera evidente la percezione versatile del mondo del gaming, considerato non più soltanto come fenomeno di intrattenimento e di gioco, ma anche come una risposta sociale ai bisogni delle persone, una soluzione innovativa per la didattica, una base di confronto e di scambio relazionale. La pandemia ha certamente accelerato questa nuova personalità dei videogiochi, ora occorre supportarne la crescita, sia sotto il profilo tecnologico, sia verso un modello di intrattenimento a trazione sociale, mettendo al centro la forte interattività relazionale tra le persone».

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