Dal 27 giugno al 16 novembre 2025, il Museo MAN di Nuoro apre le porte a un viaggio che attraversa tempo e spazio, terre e acque, modernità e preistoria. La mostra ISOLE E IDOLI, curata da Chiara Gatti e Stefano Giuliani con il contributo di Matteo Meschiari, propone un affascinante dialogo tra archeologia e arte moderna, unendo reperti ancestrali e opere dei grandi maestri del Novecento in una trama suggestiva e fuori dal tempo. Frutto della collaborazione internazionale con istituzioni di prestigio come la Fundació Pilar i Joan Miró di Mallorca, il Musée du Louvre e la Fondation Giacometti di Parigi, il progetto nasce da una domanda profonda e urgente: quale legame unisce l’isola al suo idolo, al simulacro che la rappresenta e la custodisce? Nel cuore di questa riflessione si colloca il concetto di isola non come luogo isolato e periferico, ma come epicentro di simboli e poteri arcaici. Le opere raccolte – oltre 70 – disegnano un percorso circolare e immersivo, che unisce le sculture cicladiche alle statuette della Sardegna nuragica, le divinità lignee scolpite da Gauguin a Tahiti ai corpi ieratici di Giacometti, passando per l’immaginario oceanico di Miró, le visioni dell’arcipelago di Pechstein e le forme primarie di Arp e Matisse. Il visitatore si muove in un arcipelago concettuale e fisico, come suggerisce l’allestimento firmato dall’architetto Giovanni Maria Filindeu: nuclei tematici dispiegati come isole, basamenti in celenit e superfici di sabbia lavata che evocano paesaggi marini, mentre le opere si dispongono in costellazioni visive che richiamano le mappe di navigazione delle culture oceaniche. Il nucleo dedicato alla Sardegna preistorica assume un ruolo fondamentale. Quattro i temi principali: il toro, la Dea Madre, il “capovolto” e le statue-menhir antropomorfe. Questi idoli non sono soltanto testimoni del passato, ma ancora oggi dominano il paesaggio isolano come sentinelle della memoria e della spiritualità. L’antico, in questa narrazione, non viene esposto come oggetto morto, ma come matrice viva, capace di risuonare nelle forme dell’arte moderna con una potenza visiva e simbolica sorprendente. Nel testo critico di Chiara Gatti si legge che questi simulacri “non sono primitivi, né esotici. Sono astrazioni pure. Dee madri, prefiche, offerenti, ancelle greche, Melencolie del Novecento”. Il loro sguardo fisso, immerso nell’attesa, parla direttamente all’intelletto umano. Anche Meschiari, nel suo saggio in catalogo, spinge oltre la riflessione, suggerendo che non basta parlare dell’isola come separazione o confino: occorre ripensarla come campo morfogenetico dove l’incontro tra roccia e acqua genera mito. Un cambio di paradigma, che rovescia la logica continentale e restituisce al mare e all’isola un ruolo centrale, generativo. Le opere provengono da collezioni prestigiose, tra cui la National Gallery di Praga, la Galleria d’Arte Moderna di Milano, il Musée départemental Maurice Denis, la Fondation Giacometti, l’Archivio Florence Henri, fino alle collezioni private italiane come quella di Enrico Sesana. Ai capolavori d’arte si affiancano reperti dai musei archeologici sardi, dal Menhir Museum di Laconi e dai Musei della Bretagna, in un montaggio visivo che fa coesistere il sacro ancestrale con l’astratto moderno. In un mondo sempre più liquido, ISOLE E IDOLI è una mostra che ci chiede di fermarci e riflettere sulla persistenza dell’archetipo, sulla forza generatrice della forma e sull’urgenza, oggi più che mai, di abitare l’altrove.
Davide Mosca