La ricerca che vuole imprigionare la CO2 nel mare
Secondo uno studio la risposta al cambiamento climatico consiste nel permettere al fitoplancton degli oceani di catturare la CO2
Si pensa sempre al mare come se fosse uno scrigno custode di tesori nascosti e preziosi, ma se invece potesse imprigionare e contenere qualcosa di molto più pericoloso? Per gli standard del nostro pianeta, almeno. Una recente ricerca del Laboratorio nazionale del nord-ovest del Pacifico del Dipartimento dell’energia ha sviluppato un metodo per poter catturare la CO2, principale responsabile dei cambiamenti climatici, e racchiuderla nei nostri oceani. Attenzione però: quella che può sembrare fantascienza è in realtà lo sfruttamento di processi biologici già presenti in natura.
Il team di ricerca, guidato dal professor Michael Hoecella, sta studiando un metodo per poter “fertilizzare gli oceani” e incoraggiare la crescita del fitoplancton, organismi marini capaci di assorbire il carbonio, che poi verrebbe portato nelle profondità marina alla morte dell’organismo. Questo potrebbe aiutare a rimuovere l’eccesso di CO2 dall’atmosfera e accelerare un processo naturale di sequestro del carbonio. Al momento la ricerca si sta concentrando su quali materiali utilizzare affinché il fitoplancton reagisca nella maniera desiderata, tenendo conto dei differenti ecosistemi marini e analizzando le precedenti ricerche scientifiche.
Tuttavia, ci sono ancora molti ostacoli da superare prima che questa tecnologia diventi una soluzione praticabile a livello globale. Ad esempio, c’è ancora molto da imparare su come la CO2 reagirà con l’acqua salata e sugli eventuali impatti a lungo termine sull’ecosistema marino. Ma per cercare di limitare i danni bisogna agire in fretta. «A questo punto, il tempo è essenziale» ha dichiarato Hochella «Per combattere l’aumento delle temperature, dobbiamo ridurre i livelli di CO2 su scala globale. Esaminare tutte le nostre opzioni, compreso l’utilizzo degli oceani come serbatoio di CO2, ci offre le migliori possibilità di raffreddare il pianeta».
Francesco di Nuzzo