Le donne all’origine del mito Costa Smeralda
Caterina Ragnedda di San Pantaleo fu la prima donna a vendere i terreni all’Aga Khan, mentre Caterina Lombardo era la proprietaria del terreno in cui sorsero la piazzetta di Porto Cervo e l’hotel Cervo.
È proprio dalle mani delle donne, nel cuore cosiddetto arcaico della Sardegna, che vengono consegnati i terreni di quella che oggi chiamiamo Costa Smeralda.
Così come nell’Ottocento una legge sabauda stabilì il colonialismo terriero, con la naturalezza o l’ineluttabilità del corso della storia, ecco che la proprietà del matriarcato trasforma assetto e destino di questo lato di costa.
Siamo negli anni ‘60, sussiste ancora un “gregge comunitario”, ogni famiglia detiene la proprietà di una capra consegnando al pastore 1200 lire l’anno, necessarie per condurle al pascolo, se ne contano 170 nel ‘68 e, nel documentario di Giuseppe Lisi, edito da Rai Sardegna, tutto questo è riportato insieme al dato che la domenica mattina le donne indossano ancora il costume tradizionale per andare in chiesa.
In una cultura talmente articolata da estendersi ai dettagli, in un modo che oggi non riusciremmo neanche a sospettare, la moglie prepara i vestiti per il marito pastore ma è alla madre che spetta il compito di accompagnarlo fuori dall’uscio con la tradizionale bisaccia pronta. I rituali e le divisioni dei compiti tra le due donne di casa stanno lì, immobili nel tempo a sancire una forza: sono le donne a gestire, determinare e condurre. Sono gesti di cura tanto perfetti da sembrare semplici come il fatto che il pane dovrà essere necessariamente biscottato per durare le settimane del pascolo o che caglio, stomaco dell’agnello essiccato e formaggio costituiranno il sostentamento dell’uomo. Lui dovrà occuparsi del gregge: è tutto lì.
Il tessuto di istituzioni regge? Regge o almeno così pare, talmente solido da non riuscire ad essere sradicato sta tuttavia presentando delle fragilità, delle trasparenze di tessuto liso attraverso le quali s’intravede l’interrogativo: se questa comunità di minoranza dei pastori, che giocoforza hanno il lavoro lontano da casa, ha diritto di esistere sviluppando dall’interno della sua tradizione il suo progredire o deve essere piegata con la forza dall’esterno. Possiede le capacità di modernizzarsi indispensabili per non restare sempre più indietro, sempre diversa o è destinata a scomparire?
Tra le donne non se ne parla ma le donne cominciano ad avere un sospetto che alcuni chiameranno intuizione e, mentre il dibattito internazionale è su temi simili ma su diversi livelli, ecco che inizia dai porti la penetrazione di oggetti e simboli che tenderanno a colonizzare espropriandolo quello che viene chiamato, ancora una volta, il cuore arcaico della Sardegna.
Così nello stesso identico modo in cui prima del 1820 sussisteva nell’isola il regime feudale e poi i signori furono espropriati in cambio di risarcimenti cospicui;
così come nacque il capitalismo agrario in cui una legge sabauda, la legge delle chiudende, consentiva a chiunque recintasse un campo di divenirne proprietario;
così come nacque la borghesia agraria, facendo sparire le proprietà demaniali appartenenti ai comuni nelle quali i pastori entravano liberamente; e infine
così, proprio in corrispondenza del sorgere della borghesia agraria, ecco sorgere il “finto pascolo”. Andò così che l’inizio del lungo dissidio tra capitale terra e capitale bestiame rese necessaria quanto banale la destinazione di molte delle proprietà alle donne.
Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale la Sardegna venne scelta come banco di prova per sperimentare il D.D.T. e fu debellata la malaria. Grazie a un piano di aiuto ai paesi sottosviluppati e al potente agente chimico contro le zanzare, la Sardegna fu pronta per entrare nel mondo moderno. Sarà John Duncan Miller, funzionario inviato dalla Banca Mondiale alla fine degli anni ’50 a verificare gli esiti della campagna di disinfestazione, a rimanere completamente conquistato dal fascino della costa e a contagiare col suo entusiasmo il principe Karim Aga Khan.
L’acquisto dei terreni per la costruzione delle prime ville fu un passo quasi involontario che dischiuse una realtà di atti ufficiali insospettabilmente intestati a donne: appare Caterina Ragnedda di San Pantaleo, nata nel 1893, la prima donna a vendere i terreni all’Aga Khan, e appare, Caterina Lombardo, classe 1869, proprietaria del terreno in cui sorsero la piazzetta di Porto Cervo e l’hotel Cervo.
Potere e proprietà che coincidono col femminile in una Sardegna pronta a spostarsi da un modello di nuclei insediativi e stazzi sparsi nelle campagne a una costa che si fa magnetica, tra turismo e sogni, di una misura ancora tutta da scoprire.
Anna Maria Turra