Un omaggio del celebre regista americano al Salone del Mobile Milano che propone ai visitatori un viaggio sensazionale degno del grande cinema
Regista, sceneggiatore, pittore, musicista. David Lynch è un artista a tutto tondo capace di trasmettere emozioni attraverso la forza dell’immagine. Il Salone del Mobile Milano propone, invece, un’altra chiave di lettura del suo mondo. Un’interpretazione degli spazi in continua evoluzione, come si può vedere nella sua creazione intitolata “lnteriors by David Lynch. A Thinking Room”. Gli interni non hanno solamente un valore simbolico o decorativo, ma entrano in stretta relazione con chi li acquista. È questo l’intento di questo viaggio originale che porta i visitatori a immergersi nel ‘velluto blu’ del Salone, citando uno dei suoi film più iconici. Le stanze immaginate da David Lynch mettono al centro lo stesso fruitore in un dialogo profondo e autentico con gli oggetti e gli arredi che si trovano in ogni area. L’installazione, visionaria come il suo creatore, utilizza il linguaggio universale dell’arte per generare atmosfere che possiamo percepire e respirare. Il design è la chiave che ci consente di intraprendere un percorso interiore scavando in profondità tra sogni e incubi. Del resto sono gli stessi racconti a portarci alla mente delle immagini ben definite: il fascino noir delle ambientazioni di Velluto Blu, i misteri di Twin Peaks con le sue tende rosse e il pavimento in bianco e nero che ci portano fino alle stanze della Loggia Nera.
È stato Lombardini22, gruppo leader nello scenario italiano dell’architettura e dell’ingegneria, a progettare nel dettaglio il masterplan in modo da condurci alla scoperta dell’opera di David Lynch. Un disegno a “scrigno di un diamante” che mette in stretta connessione la visione del regista con le altre aree e della manifestazione. A dare i dettagli del progetto ha pensato invece il curatore Antonio Monda, scrittore e docente alla New York University.
Come ha conosciuto David Lynch?
«Più di vent’anni fa venne a una proiezione che avevo organizzato a Los Angeles del restauro di Fellini 8 ½, uno dei suoi film preferiti. In quella occasione abbiamo scoperto di avere tanti amici in comune, poi, nel 2018, quando dirigeva la Festa del Cinema di Roma gli consegnai il premio alla carriera. In quell’occasione lo andai a trovare a Los Angeles dove mi aveva invitato a vedere quello che stava facendo in quel periodo. Credevo di trovare una moviola e del materiale girato invece lo trovai che stava piallando un tavolo: ho scoperto in quella occasione che costruire mobili per lui è molto più che un hobby».
E qual è stata la sua impressione di fronte al suo lavoro?
«Quando gli abbiamo proposto di disegnare una stanza lui ha avuto l’idea della Thinking Room, che poi ha raddoppiato proponendo due stanze speculari. L’impressione è di assoluto fascino: come nei suoi film riesce a far entrare in una dimensione completamente diversa, dove i sogni prendono il posto della razionalità».
Il cinema di Lynch è fatto di luci e ombre. Quanto sono importanti gli arredi e lo spazio nell’equilibrio tra ragione e inconscio?
«Gli interni, così come gli arredi in Lynch, non sono mai degli oggetti inanimati ma veri e propri personaggi».
In Thinking Room spiccano delle geometrie che entrano in stretta relazione con il fruitore e riflettono il nostro stato d’animo. Quali sono allora le domande che deve porsi il visitatore?
«Tutto ciò che crea questo grande artista non si può leggere razionalmente. Faccio un esempio: nella scena famosa di Mulholland Drive nella quale le due protagoniste si mettono a piangere mentre vedono una performer che canta Llorando, non ne capiamo esattamente il motivo ma sentiamo anche noi lo stesso impulso».
Lynch è uno dei più famosi praticanti della meditazione trascendentale. L’installazione può essere definita un luogo dove ritirarsi e trovare rifugio nella fantasia?
«Nel corso di uno degli incontri di preparazione, ho chiesto specificamente a Lynch se potessimo considerarle due Meditation Room, lui mi ha corretto dicendo che erano semplicemente delle Thinking Room. Anche in questo caso sta alla nostra libertà utilizzarle come vogliamo».
Riccardo Lo Re