Dalla ricerca di monete d’oro a riti magici, queste storie affascinanti continuano a ispirare.
Le leggende della Gallura raccontano di tesori magici sepolti nelle terre sarde, frutto di miti che intrecciano storia e superstizione. Quando la storia reale si mescola con la leggenda, nascono miti seducenti, come quello dei tesori magici che, durante il Medioevo e il periodo spagnolo, fino ai giorni nostri, hanno attratto uomini di ogni ceto, spingendoli a demolire edifici di culto e scavare in antiche tombe in cerca di ciò che si pensava perduto da secoli.
Cos’è un Tesoro Magico?
Come racconta Alessio Scalas nel suo libro “I Tesori Magici in Sardegna”, un tesoro magico è descritto come una grande fortuna, composta principalmente da monete d’oro o preziosi, custodita in un baule o una pentola e sepolta in luoghi segreti tra le terre sarde, tipicamente vicino a siti religiosi o archeologici antichissimi. Nella Gallura e nelle zone circostanti, tali tesori sono conosciuti come “suiddàtu”. La loro origine risale al Medioevo, quando si credeva che i “ritrovamenti” fossero il frutto di rivelazioni divine rivolte a locali o uomini di chiesa, che poi edificavano luoghi di culto in onore dei santi associati a quei tesori. Tuttavia, è probabile che questi “tesori” non fossero altro che i beni di chi aveva abitato la regione, costretto dalle guerre o dalle razzie dei banditi a mettere in salvo ciò che possedeva, seppellendolo nel terreno. Molti di questi proprietari non riuscirono mai a tornare, lasciando i loro averi alla mercé di fortunati cacciatori di tesori. Con il tempo, i tesori acquisirono connotazioni più folkloristiche, intrecciandosi con le figure mitologiche della Sardegna. Si narra che solo le persone destinate a trovarli, guidate da iscrizioni divine, sogni o un saggio del villaggio, possano giungere al loro cospetto. La leggenda narra che il cercatore debba affrontare spiriti protettori, dimostrando di meritare il tesoro attraverso complessi rituali magici.
Il Rituale
Alessio Scalas descrive il rituale tipico del territorio gallurese. Una volta ottenute le informazioni sul tesoro, il “prescelto” deve recarsi sul luogo con due aiutanti. Una volta giunti, devono affrontare il Guardiano del tesoro, atteso alle mezzanotte. A quel punto, mentre due iniziano a scavare, il terzo recita i “12 parauli”, un dialogo con lo spirito da ripetere fino all’alba o fino a che non venga disseppellito il tesoro. Questo scambio verbale ha l’obiettivo di scacciare il Guardiano, spesso identificato con il Diavolo, proteggendo i cercatori dalla sua ferocia. Le leggende avvertono chi desidera cimentarsi nell’impresa: potrebbero essere necessarie diverse notti prima che il tesoro venga trovato; durante il rituale, spiriti magici potrebbero manifestarsi in varie forme per ostacolare i cacciatori. Una versione alternativa del rituale suggerisce che debba svolgersi all’interno di un cerchio costruito intorno al tesoro, mentre i tre partecipanti sono seduti attorno a un tavolino con due candele accese, recitando “il libro del comando” per far apparire il guardiano.
In molte varianti del rituale, chi si spaventa o scappa è condannato a una maledizione, mentre i coraggiosi e perseveranti potranno finalmente scoprire il tesoro e la fortuna che li attende tra le montagne intrise di magia e mistero. La ricerca di questi tesori magici continua a vivere nella cultura gallurese e rappresenta una connessione affascinante tra il passato e il presente. Con ogni leggende, è come se si risvegliassero i racconti di un tempo in cui i sogni di fortuna erano a un passo dal diventare realtà, custoditi tra i monti sardi.
Sibilla Panfili