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L’icona che scardinò l’idea maschile di imprenditoria

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01/09/2022

Rimasta vedova, Wanda Ferragamo dal 1960 seppe reinventarsi imprenditrice per continuare la scia del successo costruito da Salvatore e raggiungere vette ancora più alte

Donna riservata, Wanda Ferragamo non amava certo parlare di sé, né tantomeno ostentare i successi raggiunti. Molto diversa dalla ventenne che travolge Salvatore Ferragamo, lo sposa incurante dei 23 anni che li separano e che, dopo la morte del marito, gestisce indomita l’impero Ferragamo. Wanda Miletti Ferragamo negli anni del “miracolo economico”, contrassegnati da una profonda trasformazione del Paese, ha cambiato la propria vita, ma non solo la sua. Le donne si affacciano ai diversi settori della società e lo straordinario fermento tutto al femminile che contribuisce alla costruzione dell’Italia repubblicana viene esplorato nella mostra Donne in Equilibrio 1955/1965 allestita a Firenze, presso il Museo Salvatore Ferragamo, visitabile fino al 18 aprile 2023. La mostra e il catalogo vedono la cura di Elvira Valleri e di Stefania Ricci e si dedicano alla memoria di Wanda Ferragamo che, dal 1960 fino alla sua scomparsa, il 19 ottobre 2018, è stata la guida del marchio Salvatore Ferragamo, nel difficile equilibrio tra la dimensione lavorativa e la famiglia. Nell’esposizione ospitata a Palazzo Spini Feroni le attività e le scelte di donne di età diversa, anche in ambiti lavorativi fino ad allora riservati quasi esclusivamente agli uomini, vengono tratteggiate da oggetti, abiti, opere d’arte, filmati, fotografie, si snodano storie di donne delle professioni, dell’arte, della cultura, della politica e del lavoro, che attraverso le loro esperienze personali illuminano la più lunga rivoluzione dell’età contemporanea, quella che ha segnato la fine della separazione dei ruoli sessuali.

Wanda è innamorata perdutamente del “calzolaio dei sogni”; entrambi di Bonito, in Irpinia, nel novembre 1940 si sposano nella chiesa di santa Lucia a Napoli e dopo la luna di miele giungono nella casa sulle colline di Firenze. Si rivela subito essere l’intelligente moglie di un artigiano, la solida compagna di viaggio che, sebbene la guerra non garantisca un futuro sereno, custodisce e gestisce una famiglia ben presto allietata dalla nascita di due figlie, Fiamma e Giovanna. L’8 settembre 1945 nasce il primo figlio maschio, Ferruccio. Finito il conflitto anche per Firenze e per i Ferragamo gli anni della ricostruzione rappresentano una grande scommessa. Si riaprono le frontiere e riprende il commercio con l’estero. Le opzioni si moltiplicano e gli accadimenti parlano di sviluppo, ricchezza. Fecondità. Nascono altri tre figli, Fulvia, Leonardo e Massimo. Aumenta la famiglia ma anche gli impegni e i viaggi di lavoro. Wanda partecipa alla vita dell’azienda attraverso i racconti del marito e in occasioni eccezionali, come quando nel 1954 Audrey Hepburn viene a Firenze per ordinare alcune paia di scarpe dal famoso calzolaio. Nel 1958 Salvatore compie un viaggio in Australia ma al suo ritorno cominciano a presentarsi i sintomi di una grave malattia. Fiamma, la figlia maggiore, lascia gli studi classici. Al fianco del padre, impara tutto ciò che serve sulle calzature. Anche Giovanna interrompe gli studi liceali per frequentare un corso di design di moda alla scuola Lucrezia Tornabuoni. Nel 1959 crea la sua prima collezione di abbigliamento che viene presentata al Plaza Hotel di New York.

La trasformazione di vita di Wanda, la donna che diventerà l’icona Ferragamo, coincide proprio con la nascita della Costa Smeralda e, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ricalcando l’impronta del marito, si fa protagonista apicale di istanze di sviluppo. Con insospettabile risolutezza nella donna sembra prendere corpo la forza del carisma del predestinato, di cui Wanda non sembra affatto curarsi; procede, tra il lievitare di mondanità e sfarzi, col piglio imprenditoriale che porta il brand al grande successo. Distrugge stereotipi sulla realtà con una sua visione mirabile e avveniristica e, quando le veniva chiesto conto della propria forza, lei, che prima della morte del marito non aveva mai lavorato, rispondeva: «Non lo so. La donna è un po’ custode dei sentimenti che animano l’unione. Un poco alla volta mi è venuta fuori quell’energia necessaria per andare avanti. Io che mi ero sempre e soltanto occupata della mia famiglia, ho dovuto fronteggiare tutto. Management, rifornimenti, cose tecniche, controllo delle spese. Io credo che tutte, o quasi tutte, le donne saprebbero condurre bene un’azienda se sono in grado di amministrare saggiamente la loro famiglia».
E fa molta strada la compagna distrutta dal dolore e dalla preoccupazione del domani che il 7 agosto 1960 vede Salvatore Ferragamo morire a Forte dei Marmi. Gli operai intervenuti al funerale la rassicurano: «Vedrà Signora ce la faremo, noi l’aiuteremo».

Ma sono così tante le idee incompiute di Ferragamo, come l’intenzione di meccanizzare il “fatto a mano” secondo la domanda del mercato, eppure, col supporto di figlie e collaboratori, con l’intervento del nipote Jerry che dallo zio aveva appreso gli aspetti tecnici, Wanda Ferragamo intensifica il suo programma di sviluppo. Con la maestria di una donna che ha osservato acutamente gli equilibri che fanno di un’azienda una grande realtà, senza scordarsi di occuparsi delle sfumature che a volte incidono più dell’insieme, Wanda non ha paura e osa quando mette a punto Gilio, il primo profumo Ferragamo e fa stampare a Como il primo foulard, progettato da Salvatore con l’artista Alvaro Monnini, dando inizio a una produzione di accessori in seta che acquisirà una forte identità. L’allargamento a nuovi settori di produzione comporta una trasformazione delle strategie di produzione, comunicazione e investimento dell’azienda. Al timone è sempre Wanda. Sfrutta il suo intuito per capire quali siano i luoghi più adatti per aprire un negozio, analizza la clientela locale e la concorrenza, studia l’offerta produttiva, cura la formazione degli addetti alle vendite, il loro modo di presentarsi, e persino il posizionamento della merce sugli scaffali anticipando una personalissima teoria di quel visual merchandising che anni dopo diventerà una disciplina.

Negli ultimi anni Wanda rivolge la sua attenzione all’esterno. Suscitano il suo interesse soprattutto i giovani che, secondo la sua opinione, hanno bisogno di essere educati per conoscere la realtà sociale ed economica nella quale vivono. Per questo costituisce nel 1995 il Museo Salvatore Ferragamo e la Fondazione Ferragamo nel 2013, ad entrambi affida il compito di alimentare il vigile ricordo di una storia imprenditoriale costruita su valori morali, prima che economici, da tramandare alle generazioni di future donne alla ricerca di nuovi modelli di esistenza che continua a interrogare il nostro presente. Silenziosa e appassionata Wanda Ferragamo ha contribuito alla più lunga rivoluzione dell’età contemporanea.

Anna Maria Turra

Credits

  • Objects in Wanda Ferragamo’s office, including a crocodile skin bag designed by Fiamma Ferragamo for her mother in the 1970s and a lace-up shoe that Salvatore designed for Wanda for their engagement in 1938
  • Salvatore and Wanda Ferragamo with Audrey Hepburn at Palazzo Spini Feroni, 1954 © Archivio Foto Locchi, Florence. A portrait of Irene Brin, writer, journalist, gallery owner as well as one of the most influential figures in post-war Italian culture. Facing page, a drawing by Brunetta, historical Italian fashion illustrator. Sketch for “L’Espresso”, 1964. Courtesy of CSAC Parma, Brunetta Fund
  • ‘Sweets 6018’, fabric design by abstract artist, Carla Badiali, 1955. Tempera on paper board. Como, Private
    collection Wanda and Fiamma Ferragamo on the terrace of Palazzo Spini Feroni, 1967. All images, courtesy of Ferragamo
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