L’ottavo continente? È di plastica
La stazione galleggiante si occuperà di raccogliere e riciclare i rifiuti al largo dell’Oceano Pacifico del Great Pacific Garbage Patch
C’è chi perlustra a fondo deserti e fondali marini, sperando di trovare Atlantide o la leggendaria Mu. Altri, invece, cercano un ottavo continente dentro ai libri di storia o su vecchie mappe polverose. Basterebbe osservare meglio i nostri oceani per capire che questo ottavo continente esiste e si trova proprio nell’Oceano Pacifico, ma non è fatto di terra. Si chiama Great Pacific Garbage Patch (Grande macchia di rifiuti del Pacifico) ed è composto dagli scarti della plastica rilasciati nel mare, che ogni giorno si accumulano sempre di più, minacciando l’ecosistema con la loro ingombrante presenza. Ad oggi, la sua estensione ha raggiunto la preoccupante stima di dieci milioni di km².
Per fra fronte a questa drammatica realtà, la ricercatrice Lenka Petrakova ha progettato una particolare piattaforma galleggiante e ecosostenibile per la pulizia degli oceani, che verrà posizionata sopra Garbage Patch. Il suo aspetto futuristico ricorda quello delle simmetriadi sull’immaginario pianeta Solaris, e come un essere alieno “mangia” i rifiuti e detriti per poi scomporli in materiali riciclabili.
Questa stazione galleggiante è composta da cinque parti principali collegate tra di loro. All’inizio del processo di pulizia una barriera esterna immagazzina l’energia delle maree e raccoglie i rifiuti dalle acque. Questi vengono poi inviati al collettore, situato nella parte centrale della stazione. La tecnologia di raccolta è progettata per ottimizzare la gestione dei rifiuti, che vengono così selezionati, scomposti e immagazzinati all’interno della struttura. Concluso il processo di pulizia delle acque reflue, l’acqua filtrata viene pompata in un serbatoio e desalinizzata, o utilizzata per la coltivazione di piante alofile presenti nella serra interna della stazione. La stazione, infatti, non è solo pensata per pulire l’acqua, ma nasce anche come piattaforma interdisciplinare per studiare e monitorare l’inquinamento marino causato dall’attività umana. Presso il centro di ricerca e formazione vengono studiati e documentati i danni dell’inquinamento sull’ecosistema acquatico. Questa sezione è collegata sia al Collettore che alle serre, in modo da monitorare tutti i processi idrici. Anche gli alloggi e le strutture di supporto passano attraverso il centro dell’edificio e ne collegano tutte le parti, adattandosi geometricamente alla chiglia della nave. Tutta la stazione, inoltre, è completamente autosufficiente, grazie all’impiego di pannelli solari che coprono le serre e di turbine alimentate dall’energia idrica.
Se il progetto dovesse vedere la luce, potrebbe dimostrarsi una valida risorsa per combattere l’inquinamento e un modo alternativo per educare le persone al rispetto dell’ambiente. E per Lenka la cooperazione è la chiave del successo. «L’oceano che dà vita sta soffrendo e dobbiamo contribuire a ristabilire il suo equilibrio per la sopravvivenza del nostro pianeta. Non possiamo raggiungerlo solo con la tecnologia, ma abbiamo bisogno di una piattaforma interdisciplinare per educare le persone e cambiare il loro rapporto con l’ambiente marino per le generazioni a venire».
Francesco di Nuzzo