L’ultimo allarme arriva dai ricercatori dello Iucn: stop alle emissioni. Il fenomeno mette a rischio squali e tonni.
I mari se la passano sempre peggio. L’Unione internazionale per la conservazione della natura ha dato una ultima e poco confortante notizia: gli oceani stanno perdendo una importante quantità di ossigeno, circa il 2 per cento. Il documento, redatto da 67 esperti, non usa mezzi termini: «La perdita di ossigeno costituisce una minaccia crescente per la pesca e certi gruppi di specie come tonni, marlin e squali». La direttrice dello Iucn, Grethel Aguilar, ha poi aggiunto: «Man mano che gli oceani perdono ossigeno, riscaldandosi, il delicato equilibrio della vita marina si indebolisce. Per limitare la perdita d’ossigeno degli oceani, così come altri affetti di drammatici dei cambiamenti climatici, i leader mondiali devono impegnarsi a ridurre subito e in modo sostanziale le loro emissioni».
Il fenomeno è piuttosto preoccupante. A generare la perdita di ossigeno sono in particolare due fattori: l’eutrofizzazione, cioè la proliferazione di alcune specie di vegetali causata anche dall’uso di combustibili fossili, e il riscaldamento delle acque, provocato dal riscaldamento climatico. Insomma, in tutto questo l’uomo gioca come al solito un ruolo fondamentale. E le cose potrebbero anche peggiorare. Se tra il 1960 il tasso di ossigeno è calato del 2 per cento, entro il 2100 potrebbe addirittura calare di altri 3 o 4 punti percentuali. Di conseguenza l’equilibrio della vita marina sta pian piano trasformando. Sempre dallo Iucn spiegano che la deossigenazione favorisce «specie tolleranti all’ipossia come microbi, meduse e alcuni calamari a danno di specie sensibili all’ipossia come varie specie marine, in gran parte pesci». Tra le specie più a rischio gli squali, i marlin e i tonni, proprio per le loro grandi dimensioni e per i loro alti bisogni energetici.
Dario Budroni