Quell’incendio oltre confine. Le sconfinate fiamme della conoscenza condivisa
Sono quattro le statue in partenza dalla Sardegna, che a fine agosto raggiungeranno il Museo Nazionale della Svizzera. Dal Museo della Statuaria Preistorica, dirette a Zurigo, le statue preistoriche verranno messe in mostra oltre confine dal 17 settembre, si tratta dei Menhir rinvenuti sull’isola negli anni tra il 1972 e l’84. «Stanno per attraversare il mare i Padri e le Madri, così denominati perché rappresentano i capisaldi che alimentano il dibattito archeologico – spiega Giorgio Murru, direttore scientifico dell’operazione – e l’emozione è poter assistere a come siano ancora una volta in grado di informarci dei valori da salvaguardare. Loro, i nostri padri e le nostre madri, ce l’avevano chiaro il mondo là fuori, oltre l’Atlantico in quello spazio che, passando dal Danubio, va fino al Mar Nero e collega questo nostro posto all’intero globo».
E sono suggestive le statue Menhir di casa al Museo di Laconi che portano iscritte le caratteristiche peculiari e i simboli che hanno stupito e fatto sognare intere generazioni. Con la tecnica a martellina le incisioni sono condotte su trachite, una roccia presente soprattutto nelle isole vulcaniche. La prima è una statua Menhir femminile frammentaria detta Genna Arréle III, dal nome della località in cui è stata ritrovata. Risalente alla Prima età dei metalli viene attribuita alla Cultura di Filigosa tra il 2.800 e il 2.500 a.C. Con un’altezza residua di 75 centimetri, una larghezza massima di 48 e uno spessore di 23, pesa circa 90 kg. La statua si presenta mutilata della parte inferiore frontalmente, sulla superficie appiattita il classico schema facciale a T, con grosso naso mediano e sopracciglia ricurve che prolungano lateralmente fino ad incorniciare il leggero rilievo dei seni detti “a pastiglia”.
Un’altra è la statua Menhir maschile integra detta Perda Iddocca VI, alta un metro e 35, larga 52 centimetri, spessa 20 ha un peso approssimativo 140 chili. La statua, caratterizzata per la sua forma ovoidale a “barchetta”, è nota per la rappresentazione che interessa i lati e il dorso della parte sommitale: un copricapo che appare sul retro con tre tiranti convessi, larghi poco più di un centimetro. Sul dorso del “casco” pende medialmente un codino incavato a canaletto. Bau Carradore II è la statua Menhir maschile, integra e dall’altezza residua di 120 centimetri, larga 48 e dallo spessore di 22 centimetri, risale alla Prima età dei metalli; il suo peso raggiunge i 150 chilogrammi e, con fianchi paralleli e vertice arrotondato, presenta un largo schema facciale a T con contrapposto “capovolto” perfettamente allineato e bracci che giungono fino alle zone orbitali. Il “doppio pugnale” è reso con lame triangolari piene e convesse.
Segue, scoperta nel Gennaio 1984, la statua frammentaria Menhir maschile denominata Piscina ‘E Sali V, anche questa prende il nome della località di Laconi in cui è stata trovata. Di datazione e misure riconducibili alla precedente, appare priva della parte superiore. La superficie frontale si presenta incorniciata e abbattuta in maniera regolare e uniforme, da qui si distinguono in rilievo il capovolto a testa rotonda su un lungo collo a bracci arcuati e un doppio pugnale a lame triangolari la cui lama destra presenta una marcata incisione a V orizzontale.
Sono silenziosi Menhir indagati da schiere di addetti ai lavori che hanno affidato le ricostruzioni alle testimonianze scolpite nella pietra ma anche da schiere di osservatori comuni che, come noi tutti abitanti del pianeta, restiamo intenti a produrre tracce per i posteri. Siamo noi l’odierno popolo del ferro e del bronzo. Noi tutti figli di quell’archeologia che vive e che dall’età del fuoco accumula informazioni, noi che oggi il fuoco lo appicchiamo sull’isola o siamo intenti a domarlo. Siamo figli di padri e madri che tengono lectio magistralis o producono grano, siamo quelli che accostano il passato della propria discendenza lontana millenni, facendola apparire tangibile e insieme drammaticamente dimenticata. La scoperta delle statue Menhir, con una riflessione che sa di progetto, appare intatta come un monito nel testo Trent’anni di ricerche archeologiche nel territorio di Laconi a cura di Giorgio Murru che aggiunge: «Troppo poco si è dedicato negli ultimi 20 anni, io penso, ad una reale valorizzazione. Oggi i Padri e le Madri in viaggio ci appaiono come l’espressione più candida di un certo pensiero sull’eredità e sulla complessità dell’umano». Oltre la Sardegna alla velocità del vigore degli interessi scientifici, gira una nuova pagina della nostra storia che sa di poter domare il fuoco dell’irrazionale con l’incendio della conoscenza condivisa.
Anna Maria Turra