Un secolo fa nasceva una definizione destinata a tracciare una delle traiettorie più affascinanti dell’arte del Novecento: “Realismo Magico”. L’aveva coniata nel 1925 il critico tedesco Franz Roh per descrivere una pittura che, pur restando ancorata alla realtà, la trasfigurava in qualcosa di incantato, straniante, persino inquietante. A distanza di cento anni, il Mart di Rovereto celebra questa corrente con una mostra unica, Realisimi Magici, che mette in dialogo due figure capitali della pittura europea del periodo: il neerlandese Pyke Koch e l’italiano Cagnaccio di San Pietro. L’esposizione, visitabile fino al 31 agosto 2025 e curata da Beatrice Avanzi da un’idea di Vittorio Sgarbi, propone per la prima volta in Italia una rassegna completa dell’opera di Koch, con ben 31 dipinti – un quarto della sua produzione totale – provenienti dai più importanti musei dei Paesi Bassi. A queste opere si affiancano oltre settanta lavori di Cagnaccio, artista veneziano da tempo al centro delle ricerche del museo trentino. Il confronto tra i due pittori non è solo estetico, ma profondamente umano e ideologico. Entrambi autodidatti, entrambi affascinati dalla precisione tecnica dei maestri fiamminghi e del Quattrocento nordico, Koch e Cagnaccio perseguono un realismo limpido, quasi chirurgico, che però si carica di significati diametralmente opposti. Il primo, distante e tagliente, guarda il mondo con ironia amara e una vena disturbante. Il secondo si cala nella sofferenza altrui, restituendo una realtà intrisa di dolore e spiritualità. Koch è il pittore della teatralità grottesca e della doppiezza, Cagnaccio dell’empatia e del rigore morale. La sua idea di realismo si fonda sul principio di “ciò che è possibile ma non probabile”, un’estetica del verosimile alterato che lo distingue nettamente dai surrealisti, con cui spesso viene confuso. Cagnaccio, al contrario, scelse l’isolamento e la coerenza. Nato in un villaggio di pescatori nella laguna veneta, si firmava con un soprannome popolare che richiamava le sue radici. Antifascista convinto, pagò con l’emarginazione la sua integrità, rifiutando la tessera del partito e affrontando a viso aperto i temi più spinosi della società del tempo: prostituzione, corruzione, decadenza morale. La sua pittura, asciutta e tagliente, sfida i canoni dell’arte ufficiale dell’epoca e si avvicina, per sensibilità e iconografia, alla Neue Sachlichkeit tedesca. La mostra, articolata secondo un percorso cronologico e tematico, accompagna il visitatore tra interni borghesi stranianti, nature morte iperrealiste, scene quotidiane bloccate in una sospensione metafisica. Le opere si osservano, si parlano, si contraddicono. Cagnaccio racconta la realtà come un credente che si aggrappa a ciò che resta di sacro; Koch la smonta come un entomologo crudele e affascinato. Eppure, nei loro dipinti, la realtà si mostra sempre più vera del vero, scavata fino al suo nocciolo più profondo. Accompagnano la mostra i testi in catalogo di studiosi e studiose che esplorano le radici e le contraddizioni di questa pittura ipnotica. Tra questi, Marieke Jooren e Susana Puente Matos su Koch, Dario Biagi ed Elisabetta Barisoni su Cagnaccio, con un’introduzione di Sgarbi e un saggio curatoriale di Avanzi. Un corpus critico che arricchisce ulteriormente una proposta espositiva in grado di gettare nuova luce su una delle stagioni più intense e complesse dell’arte moderna.
Nel 2025, a cento anni dalla nascita del Realismo Magico, il Mart di Rovereto ne celebra l’eredità con coraggio e visione: non un’operazione celebrativa, ma un’analisi profonda delle sue contraddizioni, delle sue illusioni, dei suoi fantasmi. Una mostra che invita a guardare oltre l’apparenza, per scoprire che, come diceva Bontempelli, “intorno alla realtà, c’è sempre un’atmosfera di magia”.
Davide Mosca
Pyke Koch
De schiettent (Tiro a segno), 1931
Collection Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam. Gift Friends of the Museum
04 Pyke Koch_De grote contorsioniste (Parade de cirque) (La grande contorsionista. Spettacolo circense)_1957_Stedelijk Museum Amsterdam.jpg