Richard Mille: lo Swiss Made a km zero
Un mondo fatto di alta tecnologia e attenzione maniacale al dettaglio
Richard Mille è una delle case orologiere maggiormente impegnate nella ricerca in tecnologia e nuovi materiali, come dimostrano i segnatempo che produce. Varcando la soglia della manifattura, si entra in una dimensione nuova dell’orologeria, fatta sia di tradizione sia di innovazione spinta, di passato e di futuro, di imprenditoria visionaria ma saldamente radicata nel concreto.
I diversi poli produttivi
La produzione di Richard Mille è divisa su diverse unità manifatturiere. Nella fabbrica delle casse, la ProArt. si realizzano anche altre parti come platine, pulsanti, ponti, parti dei cinturini in metalli preziosi. Vi è poi Horometrie, che comprende l’antica Montres Valgine, dove gli orologi sono ideati e disegnati, oltre che finiti, assemblati e controllati prima della messa in commercio. Infine, Vaucher Manufacture Fleurier è il partner di Richard Mille per la maggior parte dei movimenti automatici e cronografi, mentre Audemars Piguet Renaud et Papi (APR & P), la divisione di alta gamma di orologi di Audemars Piguet, produce i movimenti più complicati delle collezioni di Richard Mille, tra cui i tourbillon.
La dimensione familiare
Un ecosistema aziendale in cui artigianalità e industria vanno di pari passo, senza perdere di vista la dimensione umana né quella del valore del tempo. Ci dicono infatti che il volume della produzione non crescerà più del 12%-15% anno per anno, secondo l’obiettivo che l’azienda si è data.
Circa il 60% degli impiegati vive a 10 minuti dalla fabbrica e la “famiglia Richard Mille” è qualcosa che essi vivono e respirano ogni giorno, perché da generazioni nella zona si producono orologi o macchine per realizzarli, con anche ottime scuole in entrambi i settori produttivi. Parlando con chi vi lavora, si percepisce questo forte senso della comunità: ci sono competenze, filosofia e testa per lavorare su un prodotto come gli orologi di Richard Mille.
La fabbrica delle casse
La nostra visita è iniziata da ProArt. Situata in un modernissimo edificio realizzato sei anni fa a Les Breuleux, nel Giura, vi si producono tutte le casse tranne quelle in zaffiro. Alle spalle di ProArt è stato costruito di recente un nuovo edificio, in cui sono state trasferite parti degli uffici tecnici e del reparto casse, liberando spazio nell’edificio principale per ospitare macchine di produzione ancora più grandi.
Visitare i reparti che compongono ProArt è come fare un tour virtuale nelle casse e nei movimenti degli orologi. La macchina per lavorare le casse in titanio (naturalmente di fabbricazione svizzera) opera su sei assi, pesa 900 chili e durante il processo produttivo spara 100 litri di olio alla pressione di 20 bar, mentre le casse e le lunette vengono sbozzate: due minuti e mezzo per cassa, 14 per lunetta e i pezzi sono pronti.
Anche le casse in ceramica sono lavorate con una macchina svizzera e la ceramica è prodotta in casa: un tempo, ci dicono, avevano un fornitore che la produceva, ma era troppo lento, meglio fare da soli… E svizzero è il macchinario che taglia le platine, prodotto da un’azienda che sta a 15 minuti da ProArt. Tecnologia a km zero e filiera cortissima: il 99,6% delle componenti è Swiss Made, vengono dalla Francia solo le corone, i pulsanti dei crono e qualche bracciale, ma da aziende che si trovano poco oltre il confine, che da Les Breuleux dista una manciata di chilometri.
Eccellenza di carbonio
L’altra eccellenza della Maison sono le casse in carbonio TPT, un materiale estremamente resistente. Per realizzarle, numerosi strati di carbonio di differenti colori vengono compressi l’uno sopra l’altro ad altissima pressione e, a seconda del taglio dato alla cassa, emergono colori diversi e diverse striature così che, di fatto, ogni cassa è unica. I pezzi in carbonio TPT sono prodotti dall’azienda NTPT, che con lo stesso materiale ha realizzato l’albero maestro della barca a vela Alinghi. Ancora la Svizzera che ritorna…
La qualità prima di tutto
Prima di andare al controllo qualità, le casse sono sottoposte a lavorazioni successive. Le parti già lucidate vengono coperte con un nastro adesivo o con una vernice da chi le ha lavorate, perché non si rovinino, e passano ad altre persone per lavorazioni successive, con lucidature e finiture via via più sofisticate. Un processo che ha lo scopo di rendere le casse sempre più complesse per evitare la contraffazione, che anche per marchi come questi sta diventando un problema.
Adiacente alle zone di produzione si trova l’importantissima area di controllo dell’estetica e della qualità, dove chi lavora ha un grado di attenzione massimo nella cura delle casse che escono dall’officina. Ci ha colpito in particolar modo il sistema utilizzato per proteggere le parti lucide delle casse, estremamente delicate: un sottile strato di vernice blu con il quale vengono dipinte queste parti, rigorosamente a mano. Anche un’eventuale pellicola protettiva potrebbe danneggiarle, ma non questa particolare pittura, che viene tolta in boutique davanti al cliente, lasciando la parte lucida perfetta.
La vocazione alla meccanica
Spostandoci da ProArt a Horometrie, non cambia la musica in quanto a qualità ma cambia in quanto a decibel. Se in ProArt eravamo a tutti gli effetti in una avanzatissima officina, in Horometrie si entra nel cuore silenzioso di Richard Mille, dove lavorano tecnici e maestri orologiai. Una dimensione ovattata, dove il tempo assume valore al di là dello strumento che lo misura, nei ritmi di lavoro di chi mette mano a progetti, movimenti, tourbillon.
Nel reparto movimenti lavorano otto persone, tutte con background tecnico, non sono di design. Ciascuno di loro progetta il movimento dalla A alla Z e ciascuno di loro ha prodotto uno o più orologi particolari, portandone avanti la creazione insieme al signor Mille e al suo socio, Dominique Guenat. Da loro, i tecnici ricevono input minimi su come dev’essere fatto l’orologio – il più leggero possibile, con un look sportivo, coloratissimo, il più sottile possibile -, poi sta a loro crearlo.
A ogni livello della Maison funziona così: liberi di creare nel perimetro di indicazioni minime, per responsabilizzare le persone in modo che lavorino con più passione e motivazione. Massima fiducia nei collaboratori perché diano il meglio di sé e creino qualcosa di unico.
Nel reparto assemblaggio movimenti, dove vengono montati tutti i calibri a parte i tourbillon, lavorano circa 40 persone. Ci sono apprendisti inviati dalle scuole locali a imparare il mestiere, mentre ogni maestro orologiaio monta un movimento completo in tutte le sue parti, con le istruzioni di montaggio come se fosse una costruzione di Lego. Un maestro orologiaio è polivalente, può montare sia i movimenti sia le casse e impiega circa due settimane per montare dieci calibri completi.
I segreti del tourbillon
Nel reparto tourbillon lavorano invece solo tre persone, le punte di diamante dei maestri orologiai. Impiegano sei settimane per un movimento con tourbillon, che dopo essere assemblato viene fatto funzionare per tre settimane, controllando che marci alla perfezione.
Verificato questo, viene smontato, ogni pezzo viene lavato e poi il tourbillon viene rimontato, messo in funzione, incassato e la marcia viene ricontrollata per altre due settimane. Una volta in cassa, infatti, cambiano le condizioni di pressione e temperatura e non è detto che il tourbillon funzioni ancora correttamente.
Se tutto funziona come dovrebbe, l’orologio viene completato con il cinturino e, dopo un processo di tre mesi, è pronto per essere inviato alle boutique. Ciascun tourbillon viene toccato e lavorato da una sola persona, che lo monta dal primo all’ultimo componente e lo ripara qualora dovesse rientrare in casa madre per qualche difetto.
Ogni orologio è, per queste persone, quasi un figlio, del quale conserva un documento su cui sono registrati tutti i passaggi della lavorazione; una specie di passaporto che lo accompagna sempre, anche dopo la vendita, in modo che, in caso di problemi, chi lo ripara sa quale percorso l’orologio ha fatto in produzione.
In generale, a un orologio del normal range di Richard Mille mettono mano al massimo tre persone tra chi assembla il movimento, chi il segnatempo e chi sistema il bracciale; quelli con la cassa in zaffiro o i tourbillon sono seguiti da un’unica persona dall’inizio alla fine.
E, a proposito di tourbillon, l’ultima immagine che ci rimane negli occhi della visita in manifattura è quella della signora Marianne: dal suo “occhio di falco” passano tutti i tourbillon per il controllo di qualità finale. Una responsabilità enorme, che solo in un’azienda come Richard Mille ha ancora senso e valore. Il vero e proprio valore del tempo.
Davide Passoni