La specie di antilope era stata dichiarata estinta. Grazie a un efficace piano di ripopolamento sono stati liberati numerosi esemplari
Stava per scomparire dalla faccia della terra. Colpa dell’uomo, che l’ha cacciata senza pietà per almeno tutto il Novecento. Ma adesso è sempre l’uomo a darle nuovamente un futuro, reintroducendo alcuni esemplari nel deserto del Sahara. Il protagonista di questa storia a lieto fine è l’orice, una specie di antilope con le corna a sciabola. Una spedizione organizzata dall’Agenzia per l’Ambiente di Abu Dhabi, dopo un lungo viaggio, ha infatti liberato 25 esemplari che si sommano ai 260 che sono già padroni della natura. Ad annunciare l’impresa, su Facebook, è stato il Sahara Conservation Fund.
Gli animali sono stati caricati su un aereo e sono atterrati nel Ciad, nel cuore dell’Africa. Quella che si è appena conclusa è la nona spedizione di una operazione complessiva messa in campo per salvare questa specie di antilope dall’estinzione. Per adesso gli orici trascorreranno alcuni mesi in una area recintata e nel corso dell’estate saranno finalmente lasciati liberi di correre in questo stupendo angolo di mondo. Si tratta di una grande conquista, visto che nel 2000 l’Iucn aveva dichiarato l’estinzione di questo animale. Invece adesso, grazie alla Società Zoologica di Londra, insieme all’Agenzia per l’Ambiente di Abu Dhabi, al governo del Ciad e al Sahara Conservation Fund, si è riusciti a salvare l’orice attraverso un efficace piano che sta portando al ripopolamento del Sahara. «Dopo un lungo viaggio di notte, gli animali sono stati rilasciati nella loro tenuta, dove passeranno i prossimi mesi prima del rilascio nella natura selvaggia, quest’estate – hanno scritto gli operatori del Sahara Conservation Fund su Facebook -. Gli orici si uniranno agli altri 260 già presenti in nel territorio. Raramente ha avuto luogo un programma di reintroduzione di antilope di questa scala. Reintrodendo un gran numero di animali, si spera di raggiungere una popolazione vitale e autosostenuta entro 3-4 anni».
Ovviamente, gli studiosi continueranno a monitorare tutti gli esemplari liberati in natura. «Il primo orice arrivò in Ciad nel marzo 2016 e quasi tutti hanno un collare con trasmettitori satellitari e radio – continuano dal Sahara Conservation Fund -. Dopo quasi quattro anni, le batterie del colletto sono morte e i collari sono rimossi automaticamente o attraverso aree deboli appositamente progettate che si erodono gradualmente. Per continuare a seguire alcuni animali chiave, specialmente le femmine più grandi, abbiamo appena catturato con successo un orice e gli abbiamo dato un nuovo collare. Questo ci permetterà di continuare a monitorare lei e il branco a cui appartiene per almeno altri tre anni».
Dario Budroni