I giovani isolani sono sempre più apprezzati anche a livello internazionale. L’impegno della galleria Artecircuito di Sassari: «Così valorizziamo i nuovi talenti»

Ognuno con il proprio linguaggio. Attraverso l’utilizzo degli strumenti e dei materiali più adatti alla propria personalità e capacità creativa. Tutti con un profondo amore per le proprie origini. Dentro e fuori dall’isola, consapevoli comunque di rappresentare, ovunque siano, la bellezza di una Sardegna dalle mille sfaccettature. Gli artisti sardi che costellano il firmamento del panorama artistico contemporaneo regionale hanno, a pieno titolo, conquistato uno spazio importante. Sempre di più vengono corteggiati da galleristi, curatori e collezionisti, anche loro frutto di un ricambio generazionale che sta alimentando un fermento mai visto prima d’oggi. Ma chi sono? Qual è il loro identikit? Prima di tutto provengono da tutti gli angoli della Sardegna. Quasi tutti under 40, hanno un percorso accademico, esperienze all’estero e nella penisola con innumerevoli riconoscimenti, ma soprattutto la capacità di fare rete tra di loro, confrontarsi, incitarsi e alimentarsi dai successi gli uni con gli altri. Il prestigioso museo Nivola di Orani, nei mesi scorsi, ha dedicato loro una mostra imponente dal titolo Back-Up, che ha raggruppato ben 27 artisti. Una panoramica ampia, ma necessariamente incompleta. Nel frattempo, stanno nascendo più luoghi in Sardegna dove questi straordinari talenti vengono valorizzati. È il caso della galleria Artecircuito di Sassari gestita da Luigi Angius e del Mancaspazio di Nuoro curato da Chiara Manca. Gallerie che, da qualche anno a questa parte, hanno ospitato e ospiteranno tante mostre personali. «L’interesse per questo mondo sta crescendo e la gente ha voglia di vedere cose nuove. Il nostro progetto è nato per valorizzare questi giovani e fare in modo di incuriosire i tanti collezionisti abituati all’arte sarda del ‘900 e sensibilizzarli alla straordinaria produzione di questi artisti che rappresentano il futuro. È doveroso ricordare il lavoro svolto da Giovanni Manunta Pastorello che, una decina di anni fa, con il Lem di Sassari ha fatto da apripista in questo ambito. Oggi, senza nulla togliere a tutti gli altri, abbiamo deciso di puntare su Francesco Meloni e, per le prossime mostre, su Roberto Fanari, Valeria Secchi, Silvia Mei, Roberto Chessa. Ed è nostra intenzione allargare il più possibile le proposte di Artecircuito, cercando di raccontarli tutti» spiega Luigi Angius, presidente dell’associazione Artecircuito. Sulla stessa linea Chiara Peru, 33enne originaria di Aggius, curatrice di diverse mostre collettive e personali nei principali spazi culturali della Sardegna: «Se da una parte c’è il bisogno di valorizzare la tradizionale arte pittorica sarda, dall’altra c’è l’esigenza di rinnovare e ringiovanire, raccontando la nostra epoca fatta di veri artisti talentuosi. Sono molto felice che esistano spazi come Artecircuito a Sassari, perché questa città è stata sempre centro propulsore dell’isola. Da lì sono venuti fuori grandi nomi e ultimamente tutto sembrava tacere. Diverso è il discorso su Nuoro dove ci sono il Man, lo spazio Ilisso e il Mancaspazio, che organizzano delle cose molto belle».

Ecco lo scultore dello spazio
Modellati e scolpiti con il fil di ferro. Uno al giorno. Ispirandosi ai volti di un amico, di un proprio caro, delle persone che sono state vicine nell’anno più difficile per il mondo dell’arte. In piena emergenza sanitaria, cercando di trasformare la sfida del tempo attuale in una straordinaria opportunità. È così che è nata la produzione di Roberto Fanari, artista talentuoso, 36enne di Cagliari che vive e lavora da dieci anni a Milano. Nei prossimi mesi sarà possibile ammirare le sue opere in una personale organizzata a Sassari dalla galleria Artecircuito, e poi in una collettiva a Pavia nel mese di febbraio e a Cagliari in primavera. «Lavoro da quasi un anno a questa mostra ed è stato per me molto impegnativo per il numero di sculture prodotte. Utilizzo il fil di ferro, un materiale rigido e malleabile allo stesso tempo che mi consente di tracciare e disegnare delle linee nello spazio. In genere, sono lento e queste creazioni richiedono tempi di realizzazione molto lunghi. In questo senso, il lockdown è stata un’occasione per dedicarmi a queste opere e portare a termine un progetto che presto presenterò al pubblico». Roberto Fanari è cresciuto a Gonnoscodina, nell’alta Marmilla, in provincia di Oristano, e, dopo aver frequentato l’Istituto statale d’arte Carlo Contini, ha proseguito gli studi in scultura all’Accademia delle belle arti di Sassari. E poi a Berlino, ad Aosta e a Milano. Tanti i riconoscimenti, come le esposizioni alla Fondazione Pomodoro e allo Studio d’arte Cannaviello di Milano e in giro per l’Italia, riscuotendo sempre successo tra collezionisti e appassionati di arte contemporanea. «È stato per me fondamentale continuare a credere nel mio lavoro, nonostante gli ostacoli e i piccoli fallimenti. Tutto il resto è sempre arrivato da solo insieme con le soddisfazioni. Prima la Sardegna, poi Berlino e ora Milano mi hanno dato la grande possibilità di confrontarmi con altri artisti e di crescere e sviluppare il mio percorso. Sono felice che in Sardegna stiano nascendo spazi aperti ai tanti artisti sardi, tutti molto bravi e che per vari motivi sono sparsi dentro e fuori dall’isola. Pure le istituzioni regionali mostrano sempre più interesse nei confronti dell’arte contemporanea e questo è bel segnale». Parallelamente alla vita degli artisti, si muovono i curatori delle mostre come Camilla Mattola, 27enne originaria di Badesi che, dopo aver conseguito la laurea magistrale, si è tuffata nel mondo dell’arte, organizzando diversi eventi come la personale di Francesco Meloni a Sassari. A lei è stato affidato il compito di seguire la mostra di Artecircuito su Fanari: «Il lavoro di questo artista si distingue, a mio parere, nel panorama artistico perché utilizza delle tecniche molto particolari, di ideazione e di esecuzione. Sono creazioni di forte impatto che richiedono parecchio studio sul carattere umano contemporaneo, ma non solo. Sono convinta che questa mostra potrà attrarre tanta gente».

Volti inquietanti e irriverenze pop
La tela bianca davanti. L’attesa di qualcosa che scuota quegli attimi di stallo che, a volte, sembrano infiniti. Prima di cominciare e di invadere con forme e colori quel mondo che le appartiene. Squilla il telefono. È per un’intervista. Dalla Sardegna. È cominciato così il nostro incontro telefonico con Silvia Mei, brillante artista originaria di Decimoputzu, comune del cagliaritano, e che oggi vive nel nord Italia, in provincia di Bergamo. L’interruzione di quell’attesa non è un problema. «Forse sarà proprio questa telefonata a darmi l’ispirazione che aspettavo, nessun disturbo. Tutte le mie opere sono dettate da quello che sto vivendo nel momento e quando dipingo non decido quasi mai niente, tutto avviene in corso d’opera» racconta Silvia Mei. La pittrice, oggi 35enne, si è formata all’Accademia delle belle arti di Sassari e, in seguito, all’Accademia di Brera. Da allora, moltissime personali e collettive che l’hanno fatta approdare anche a New York, Toronto e Berlino, così come la prestigiosa collaborazione con lo Studio d’arte Cannaviello di Milano. Impossibile citare i tanti premi che questa giovane artista ha già collezionato. I suoi ritratti, personaggi antropomorfi, inquietanti e attraenti, viaggiano nel tempo con l’artista che li modifica, li cancella e li aggiorna. «I miei lavori sono dei registri di esperienze e pezzi di vita. A volte, sento l’esigenza di attualizzarli e così sono in continua evoluzione. È una biografia non scritta, ma dipinta». Nel 2021 la Mei sarà protagonista in Sardegna con una mostra personale a Sassari. Ma in questo breve e incompleto viaggio alla scoperta dei giovani talenti sardi non poteva certo mancare l’incontro con Valeria Secchi. Irriverente, pop, dai colori esplosivi e con l’occhio attento ai mutamenti della società, delle contraddizioni dei social e della politica. Trentenne di Sassari, laureata in filosofia ha, poi, proseguito gli studi all’Accademia delle belle arti sassarese. Oggi vive e lavora a Berlino. Nel suo curriculum ci sono importanti esposizioni e le collaborazioni con Paratissima, la prestigiosa fiera dell’arte di Torino. Macchina fotografica, treppiede e telecomando sono i mezzi di creazione per le sue opere: «Lavoro molto con l’autoritratto e per la messa in scena ho un piccolo armadio di parrucche, costumi, stoffe colorate per gli sfondi che mi consentono di rappresentare personaggi ipercaratterizzati, figure ai margini che non si ritrovano con quello che sta accadendo, presentandosi in maniera assurda» racconta. Anche Secchi presto esporrà in Sardegna: «Sono molto contenta di questa opportunità che sta nascendo con Artecircuito, mi darà la possibilità di tornare nella mia terra». «Valeria Secchi ha lavorato tanto e dimostrato che, pur venendo da un ambiente piccolo, si può arrivare lontano e approdare ad un livello superiore a quello medio che si vede in giro. La mostra che proporremo a Sassari, ne sono sicura, conquisterà tante persone» commenta invece la curatrice dell’evento, Claudia Melis.

 

Davide Mosca

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