Slow Flowers, floricoltura a chilometro zero
Lo scopo? Godere di fiori coltivati con pratiche agricole sostenibili, raccolti nella loro stagione di fioritura naturale, acquistati il più vicino possibile e prodotti senza sostanze chimiche
A volte per cambiare il mondo basta andare poco più in là del proprio giardino. Sviluppatosi silenziosamente negli Stati Uniti, il movimento Slow Flowers si pone una semplice domanda: “Da dove vengono i fiori che compriamo?”. Capita infatti che le bellissime piante che adornano le nostre stanze o i nostri giardini siano state coltivate non vicino alla nostra città o territorio, ma lontano dal luogo in cui esse sono effettivamente vendute, questo per sopperire alla mancanza di fiori fuori stagione, spesso nascondendo pratiche di business inique nei confronti dei lavoratori del settore e inquinanti per l’ambiente.
Lo Slow Flowers Movement nasce così dalla visione di Debra Prinzing, scrittrice ed esperta di outdoor living americana che – sull’onda del movimento alimentare Slow Food – nel 2014 ha fondato il sito slowflower.com per poter aiutare i consumatori a trovare facilmente piante e fiori coltivati solo a livello locale. Privilegiando così la filiera corta stagionale e celebrando i fiori e le piante come atti d’amore della natura verso l’uomo (e viceversa), il movimento vuole rappresentare una rivoluzione nelle abitudini del consumatore attraverso un approccio artigianale e anti-mercato di massa, riconoscendo la coltivazione dei fiori come un ramo rilevante dell’agricoltura domestica. «Nella sua forma più semplice, lo Slow Flowers significa godere di fiori coltivati con pratiche agricole sostenibili, raccolti nella loro stagione di fioritura naturale, acquistati il più vicino possibile e prodotti da fioristi che utilizzano tecniche di coltivazione prive di sostanze chimiche» ha spiegato Debra. Ma slow è anche un invito a ripensare al nostro approccio alla frenetica vita contemporanea e riscoprire così il piacere di prendersi una pausa, attraverso la floricultura e la condivisione. E il successo dell’iniziativa, soprattutto tra i giovani, risiede tutto nella possibilità di esprimere e raccontare sé stessi attraverso le piante, la loro storia e la loro crescita, da seme a composizione floreale.
Dagli Stati Uniti all’Italia, lo Slow Flowers sembra sia destinato a crescere, soprattutto in questo periodo di pandemia. In tutto il mondo infatti, le industrie che fanno affidamento su catene di fornitura internazionali hanno subito interruzioni a causa del Covid-19, e il mercato dei fiori non ha fatto eccezione. Chissà che questa iniziativa non possa sensibilizzare l’opinione pubblica e aprire le porte a un’industria floreale consapevole e sostenibile. Dopotutto, per dirla come direbbe Emily Dickinson: “Essere un fiore è profonda responsabilità”.
Francesco di Nuzzo