Sostenibilità, orologi e lusso: dalle parole ai fatti?
Dal supporto a progetti green all’uso di materiali etici, l’industria orologiera prova a ridurre il proprio impatto ambientale e a crescere in sostenibilità
Ai primi di giugno, Rolex ha annunciato i cinque vincitori dei Rolex Awards for Enterprise 2021, tutti pionieri che, come ricorda la marca, stanno “affrontando alcune delle sfide più difficili del mondo con idee brillanti e duro lavoro”.
Creato nel 1976 per il 50esimo anniversario dell’Oyster, il primo orologio impermeabile, il programma sostiene “le persone con progetti innovativi che migliorano la vita sul pianeta, ampliano le conoscenze, propongono soluzioni alle grandi sfide o preservano il nostro patrimonio naturale e culturale per le generazioni future”. Rolex è un marchio veterano nel servire le cause ambientali attraverso la sua iniziativa Perpetual Planet. Ma il resto dell’industria orologiera? Come si confronta con i temi della sostenibilità?
L’etica di metalli e pietre preziose
Per la maggior parte dei marchi, questa è una lenta presa di coscienza. Il grosso dell’attenzione resta concentrato su metalli e pietre preziose e sugli sforzi per eliminare dalla filiera i diamanti provenienti da zone di guerra e l’oro estratto in condizioni inumane per i minatori e dannose per l’ambiente. Nonostante la necessità di una vigilanza continua e di controlli rafforzati, sono stati compiuti progressi, ma rimangono le preoccupazioni sulla sostenibilità.
Il quotidiano svizzero Les Temps ha recentemente pubblicato un articolo sui rubini che sono ancora importati in Svizzera dal Myanmar, dove il commercio di queste pietre avvantaggia i militari che hanno preso il potere dopo aver rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi, lo scorso febbraio. Anche qui i marchi stanno agendo: Cartier e Piaget hanno smesso di acquistare pietre preziose dal Myanmar nel 2017, Gübelin lo ha fatto subito dopo il colpo di stato.
Fabbriche sostenibili
Accanto all’attenzione rivolta ai materiali, i marchi stanno intraprendendo la propria “rivoluzione verde”, dimostrata dal numero crescente di partnership con ONG, programmi di studi scientifici e spedizioni. E quale posto migliore per cominciare a occuparsi di sostenibilità se non in casa propria? Con edifici che si integrano in modo empatico all’ambiente circostante, sono a emissioni zero, utilizzano materiali da costruzione naturali e riciclati, utilizzano energia solare, geotermica o idroelettrica, incorporano sensori di luce e temperatura o recuperano calore e acqua piovana.
Audemars Piguet ha aperto la strada con il suo nuovo stabilimento di produzione, aperto nel 2009 e costruito secondo gli standard Minergie, un marchio di qualità volontario che contraddistingue edifici nuovi e ammodernati realizzati secondo elevati standard di efficienza energetica.
Rolex ha seguito l’esempio con il suo sito a Biel-Bienne, così come Panerai con la sua struttura ad alta efficienza energetica a Neuchâtel. Durante la costruzione del suo Manufakturzentrum, aperto nel 2018, IWC ha collaborato con aziende locali per ridurre il proprio impatto ambientale. Omega ha un nuovo centro di produzione con strutture in legno sempre a Biel-Bienne. Sono alcuni esempi in un’industria orologiera svizzera che ha dovuto “fare spazio” alla sostenibilità per adeguare la capacità produttiva.
L’impegno per il mare
Inoltre, consapevoli di dover guardare oltre il proprio orticello, i marchi hanno trovato sbocchi più ambiziosi per il loro impegno ambientale. I primi a beneficiarne sono gli oceani: qualsiasi marchio legato al mare, alla vela o alle immersioni è partner di una o più organizzazioni attive nella conservazione degli oceani o coinvolte nella sensibilizzazione sui biotopi marini.
Accanto a Rolex, con Mission Blue, ci sono Breguet (Race for Water), Breitling (Ocean Conservancy), Omega (GoodPlanet Foundation), Oris (Reef Restoration Foundation), Blancpain (Blancpain Ocean Commitment) e altri. Le partnership di questo tipo sono all’ordine del giorno nel settore del lusso, ma non sono sufficienti. Il pianeta ha dichiarato lo stato di emergenza climatica e la distruzione degli habitat sta accelerando l’estinzione delle specie. Le aziende attente alla sostenibilità devono considerare non solo le emissioni di carbonio, ma anche la biodiversità. E le aziende svizzere potrebbero seguire l’esempio delle loro controparti francesi.
I grandi gruppi: Kering
Alla guida di Kering, dal 2019 François-Henri Pinault è anche a capo di Fashion Pact, una coalizione globale di 56 aziende e 250 marchi nel settore della moda e del tessile che è stata istituita per volere del presidente francese Macron. I membri si impegnano a raggiungere obiettivi ambientali per fermare il riscaldamento globale, ripristinare la biodiversità e proteggere gli oceani.
Uno degli strumenti che Kering ha messo in atto è l’Environmental Profit & Loss (EP&L), che misura le emissioni di carbonio, il consumo di acqua, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, l’uso del suolo e la produzione di rifiuti lungo tutta la catena di approvvigionamento. L’obiettivo: essere carbon neutral entro il 2050.
Attualmente, Kering afferma di compensare le emissioni di gas serra all’interno delle proprie operazioni e lungo la catena di approvvigionamento, ad esempio attraverso progetti che preservano le foreste in pericolo. L’anno scorso il gruppo si è impegnato per un impatto netto positivo sulla biodiversità entro il 2025. Ha anche annunciato il lancio di un fondo, dotato di 5 milioni di euro, per accelerare la transizione all’agricoltura rigenerativa, in collaborazione con Conservation International, ONG americana il cui obiettivo è preservare la biodiversità di piante, animali e paesaggi.
I grandi gruppi: LVMH
LVMH è un altro gigante del lusso a mostrare il proprio volto verde. Lo scorso marzo ha reso pubblici i suoi impegni a favore della biodiversità e della sostenibilità, ormai un pilastro del suo piano d’azione LIFE 360 e parte del suo partenariato ACT for Biodiversity con l’UNESCO.
In termini pratici, LVMH prevede di riabilitare cinque milioni di ettari di habitat per flora e fauna attraverso l’agricoltura rigenerativa, contribuire alla rigenerazione degli ecosistemi e preservare specie vegetali e animali particolarmente minacciate.
Alcuni brand del gruppo hanno già lanciato iniziative: Guerlain per le api, Moët Hennessy per la rigenerazione del suolo e Stella McCartney per l’agricoltura rigenerativa. Inoltre, è stato istituito un fondo di cinque milioni di euro per contrastare la deforestazione e l’inquinamento idrico nel bacino amazzonico.
I grandi gruppi: Richemont
In Richemont, che ha appena pubblicato il Bilancio di Sostenibilità 2021, le operazioni dirette del gruppo non sono considerate ad alto impatto sulla biodiversità. Il rapporto rileva tuttavia che i marchi utilizzano materie prime come oro, pietre preziose, pelle e legno che impattano sulla biodiversità. Di conseguenza, si legge nel Bilancio, Richemont cerca di “acquisire questi materiali in modo coerente con la protezione dell’ambiente e l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali”.
Il rapporto fornisce tre esempi: la preferenza del gruppo per l’oro riciclato certificato dal Responsible Jewellery Council; carbon offsets (strumenti finanziari che permettono alle aziende di compensare le loro emissioni di anidride carbonica) acquistati a sostegno di un progetto che preserva le foreste lungo il fiume Zambesi; l’uso di pelle di alligatore americano da allevamenti in Louisiana, che hanno contribuito a riportare la popolazione della specie a livelli di sicurezza.
Il WWF dimostra che il momento di agire è adesso, esortando le banche centrali e le autorità di vigilanza finanziaria a riconoscere il loro “ruolo critico nella transizione verso un sistema finanziario più sostenibile e resiliente a vantaggio delle persone, del clima e della natura”. Che possa essere di stimolo anche per l’industria orologiera a pensare in chiave di sostenibilità?
Davide Passoni