Villa “La Grintosa”, una dichiarazione d’amore per la natura
La storia della Costa Smeralda rivive con il tocco moderno dell’architetto Stefania Stera, fondatrice dello studio parigino che ha dato vita a questo progetto
Il concetto dell’abitare non si può limitare a un discorso legato allo spazio. È la base di tutto, certo, ma non può essere sufficiente oggigiorno a definire il significato di ciò che può rappresentare ai nostri occhi. Qualunque casa, oltre ai suoi tratti oggettivi, in modo o nell’altro riflette la soggettività dell’individuo, tra ricordi passati, esperienze presenti, e, perché no, le prospettive future. Il caso più evidente è quello di Villa “La Grintosa”, la residenza progettata da Stera Architectures. Un’abitazione che riprende i canoni stilistici della Costa Smeralda, e li riutilizza in chiave moderna. Se c’è infatti un aspetto preponderante della storia di Porto Cervo è questa straordinaria capacità di stringere attorno a sé la tradizione e l’evoluzione di un mondo in perenne cambiamento. Un equilibrio tenuto in modo perfetto da quel progetto dell’Aga Khan che nel 1962 portò alla nascita del Consorzio che tutti noi conosciamo e apprezziamo. «Quando ero piccola» – afferma Stefania Stera, fondatrice dello studio – «ho visto sorgere quel sito e visitato i suoi cantieri, quello di Romazzino e di Cala di Volpe. In riva al mare, invece dei castelli di sabbia, io costruivo alberghi con tanto di patio e pontile in legno. E dalla spiaggia di Monte d’Arena ho assistito alla nascita della casa nera di Cini Boeri, un bunker che non raccoglieva consensi unanimi ma che a me piaceva». Un esempio lampante di come la memoria si nutra della bellezza e del valore di questo ambiente fino a tradurli in progetti sperimentali ma aggrappati alle sue radici. «Fin dall’infanzia mi sono arrampicata sulle rocce sarde, di cui conosco tutti i rilievi e le forme fantastiche che hanno nutrito il mio immaginario. Oggi il mio obiettivo è ricreare nella terra che amo un legame poetico con il programma sviluppato in Costa Smeralda dall’Aga Khan insieme a un gruppo di architetti di valore».
Stefania Stera ha scelto di partire dal paesaggio sardo per costruire attorno un edificio capace di cogliere l’essenziale del suo tempo. Un processo per nulla semplice considerando le insidie dei rilievi accidentati e della roccia tutt’altro che controllabile. La stessa abitazione costruita in precedenza non restituiva tutto il potenziale di quella zona essendo orientata verso sud. La luce naturale non veniva accolta in tutta la sua forza, e la stessa collocazione non riusciva a sfruttare tutte le risorse che arrivavano dal mare, considerando anche l’accesso scomodo e poco visibile da terra. Questa condizione non ha però impedito all’architetto di presentare la sua idea creativa. Una proposta rivoluzionaria che evidenziasse il prestigio e lo splendore di quell’area incantata. La stessa che sessant’anni fa portò alla realizzazione del progetto iniziale che oggi ha il nome di Porto Cervo. L’edificio rappresenta anche in questo caso lo specchio del suo territorio. Una perfetta armonia che s’incastra in tutto e per tutto con l’ambiente e il suo carattere tipicamente mediterraneo. Un dialogo che si fonda nello stile e nel contenuto dei suoi materiali trasmettendo sintonia e movimento. Una delle caratteristiche fondamentali di Villa “La Grintosa” sta nel tracciato di due assi. Il primo si rivolge verso il mare, mentre l’altro punta invece verso le rocce snodandosi in diversi spazi. Il piano terra permette di instaurare un rapporto intimo con il mare e il verde grazie alla presenza di una terrazza verde, il “tappeto volante”. Le scelte anticonvenzionali, a cominciare dal vero punto di accesso nel cortile, spiccano in questo complesso in divenire dove le stanze, lastricate in pietra serena, vengono disposte intorno al giardino principale. I materiali sono da questo punto di vista l’altro valore aggiunto di questa villa che sembra entrare in completa simbiosi con la natura stessa. Il granito da essere colonna portante del paesaggio si estende fino a coinvolgere gli interni composti inoltre dall’intonaco antracite simile alla roccia e da un “tappeto” di marmo che prosegue dal salone verso l’esterno.
Riccardo Lo Re