Zero Armi Nucleari, la nuova mostra a Orani
Dal 24 settembre al 22 febbraio il Museo Nivola ospita la mostra “Pedro Reyes. Zero Armi Nucleari”, prima personale dell’artista messicano in una istituzione italiana
Nell’antico lavatoio di Orani, oggi sede delle mostre temporanee del Museo Nivola, il fungo atomico e la mano-colomba si contrappongono come simboli delle paure e delle speranze dell’umanità. La mostra presenta gli sviluppi della campagna Zero Nukes, lanciata dall’artista in collaborazione con numerose istituzioni e figure del mondo dell’arte e della scienza, per portare all’attenzione del pubblico la minaccia nucleare e fare pressione sui governi per la riduzione della produzione e il disarmo. Zero Nukes (2020) è una scultura gonfiabile creata nell’ambito del progetto Amnesia Atómica, promosso dal Bulletin of the Atomic Scientists, associazione non profit creata più di 70 anni fa, all’indomani delle bombe su hiroshima e Nagasaki, per diffondere la consapevolezza relativa alle tecnologie potenzialmente letali per l’umanità. Alla caduta del muro di Berlino nel 1989 sono seguiti decenni di disattenzione e “amnesia collettiva”. La minaccia nucleare, però, non è mai realmente scomparsa, e con l’invasione russa dell’Ucraina è tornata al centro delle preoccupazioni globali. Il progetto di Reyes si riallaccia, anche iconograficamente, alle immagini e alle simbologie utilizzate nel Novecento dai gruppi di attivisti e organizzazioni impegnati sul tema del disarmo, come appunto il Bulletin e la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN). Reyes si concentra sullo “Zero” come elemento grafico, visivo e concettuale comune a tutte le lingue, utilizzato come simbolo dell’unità globale per l’unica causa condivisibile a livello universale: evitare la distruzione della vita sulla terra, e si ispira al design dell’iconico Doomsday Clock del Bulletin of the Atomic Scientists, creato nel 1947 dall’artista paesaggista Martyl Langsdorf (1917 – 2013), moglie del fisico e membro fondatore del Bulletin Alexander Langsdorf. L’orologio è diventato un indicatore universalmente riconosciuto della vulnerabilità del mondo alla catastrofe causata dalle armi nucleari, dai cambiamenti climatici e dalle tecnologie dirompenti. In mostra, è visualizzato sotto forma di segno luminoso e impostato a 100 secondi a mezzanotte secondo i calcoli degli scienziati: il punto più vicino all’apocalisse dalla sia creazione alla fine della Seconda guerra mondiale. Lo slogan “Zero Nuclear Weapons”, tradotto in una miriade di lingue, viene presentato in cartelli di protesta dipinti a mano, confondendo il confine tra arte e attivismo. Il riferimento è alla protesta globale contro la corsa agli armamenti iniziata nel 1958, che durante trent’anni di resistenza di massa, dagli anni Sessanta agli Ottanta, ha spinto i governi a ridurre drasticamente gli arsenali nucleari. Ricorrente nei cartelli è il simbolo della pace, oggi usato in ogni contesto pacifista, ma originariamente concepito come simbolo di opposizione alle armi nucleari. Fu infatti creato dal designer e attivista Gerald Holtom nel 1958, rielaborando il linguaggio semaforico per indicare le lettere D e N: disarmo nucleare. Il simbolo appare anche su Stockpile, una scultura composta da palloncini a forma di missile, firmati e numerati, che fanno riferimento alle 12.705 testate nucleari esistenti al mondo.
Reyes e Nivola
In particolare, Reyes si riallaccia alla scultura di Costantino Nivola Uomo di Pace (Hombre de Paz), realizzata dall’artista sardo nel 1968 per la Ruta de l’Amistad, complesso monumentale comprendente 19 sculture di artisti internazionali chiamati a collaborare in occasione delle Olimpiadi di Città del Messico. Collocata a poca distanza dalla Torres de los Vientos di Gonzalo Fonseca, costruita nella stessa occasione e trasformata da Reyes in spazio artistico indipendente dal 1996 al 2002, la scultura di Nivola è stata negli anni una presenza importante sia dal punto di vista concettuale che stilistico. Lo spirito dell’Uomo di Pace, con il suo braccio alzato «in atto di protesta e di avvertimento contro la scelleratezza dei governi bellicosi», come scrisse Nivola, rivive in una grande scultura lignea dalle forme androgine che leva al cielo una mano-colomba realizzata da Reyes, omaggio a Nivola così come a quegli artisti, da Picasso a Le Corbusier a Niemeyer, che si sono misurati con questo simbolo tanto semplice quanto potente.
Completa il progetto una serie di manifesti di Artists Against the Bomb, una campagna globale promossa da Reyes e tutt’ora in corsa. All’interno del museo e per le strade di Orani sarà possibile vedere le stampe di Harrell Fletcher, Tsubasa Kato, Santiago Sierra, Mónica de la Torre e Monica Bonvicini, lavori che riflettono sulla nostra rinnovata paura collettiva e documentano il contributo della comunità creativa per il disarmo nucleare.